A distanza di poco più di un anno torna in Italia “la band più pericolosa al mondo”, un gruppo che grazie alle sue incredibili performance live acquista sempre più fama e richiama sempre più gente a godersi l’incredibile spettacolo, perché ormai averli visti almeno una volta è diventato qualcosa da raccontare ai posteri: signore e signori, The Dillinger Escape Plan, accompagnati per questa loro calata europea da due formazioni molto diverse da loro e tra loro, ma validissime. E’ ormai deleterio per qualsiasi gruppo suonare prima dei DEP, si è ormai sicuri di sfigurare, ma i Cancer Bats e i The Ocean hanno offerto prove davvero convincenti senza tentare di misurarsi con i Folli. Ecco com’è andata.
The Dillinger Escape Plan + Cancer Bats + The Ocean
Vidia Club, Cesena (FC)
16 / 10 / 2010
The Ocean
Come al solito, ci facciamo imbrogliare dagli orari dati dal Vidia, entriamo poco dopo le 21 ma i The Ocean stanno già suonando, riusciamo a sentire poco più di due pezzi. Parlando con alcuni presenti scopriamo, ma c’era da aspettarselo, che nella breve scaletta c’è stato posto più che altro per estratti dal nuovo “Heliocentric”, e che il coinvolgimento maggiore, come abbiamo potuto vedere anche noi, si è visto più che altro per i pezzi vecchi; tra l’altro, nonostante l’orario, il numero di presenti è già ottimo, e il gruppetto che a ridosso delle transenne urla “For The Great Blue Cold Now Reigns” è davvero nutrito. Per quel poco che riusciamo a sentirlo, ci fa una buona impressione anche il nuovo cantante, forse più a suo agio nelle parti melodiche ma dotato di un timbro particolare e apprezzabile anche quando “sbraita”. Quello che è sicuramente migliorato è l’affiatamento del gruppo: ormai i The Ocean non sono più un collettivo ma un vero e proprio gruppo di ragazzi che si divertono e interagiscono tra loro e col pubblico (specialmente il bassista!), capitanati dal solito Robin Staps che però poco si muove dal suo angolo. Insomma, il post-core dei teutonici viene generalmente apprezzato dagli astanti, e si dimostra un ottimo antipasto in questa serata dove la velocità e la violenza sarà comunque molto meno protagonista del previsto… Ottimo inizio!
Cancer Bats
Il vostro inviato fatica ad essere obbiettivo quando si parla dei Cancer Bats, avendoli visti in quasi tutte le loro calate italiche negli ultimi anni ed avendo sempre apprezzato parecchio la loro esplosiva commistione di hardcore, southern, riff metallici e sfacciataggine puramente rock. Tuttavia, era perfettamente consapevole del fatto che la maggior parte dei presenti si sarebbe rifugiata al bar durante il loro concerto. E invece, questa sera per i Cancer Bats è stato un vero trionfo: mai in Italia avevano avuto un tale successo! I quattro canadesi attaccano subito con “We Are The Undead”, e i molti presenti cominciano a muoversi: le prime file cantano a squarciagola, dietro si apre il pit, ed è tutta una gran festa. Dopo una “pausa” più rock con la super-southern “Lucifer’s Rocking Chair”, i CB continuano a proporre molti pezzi tratti dal nuovo “Bears, Mayors, Scraps & Bones”, tra cui anche la mitica cover dei Beastie Boys “Sabotage”, per poi chiudere come al solito con “Hail Destroyer” una prestazione maiuscola. Certo, chi cerca tecnicismi, varietà e innovazione non condividerà neanche una virgola di quanto scritto, ma per chi riesce a divertirsi con la genuina semplicità e la poderosa sfacciataggine della musica di questi quattro ragazzi il concerto dei Cancer Bats di stasera è stato memorabile. Anche se poco dopo ha suonato ben altro tipo di gruppo…
The Dillinger Escape Plan
L’anno scorso, al Velvet di Rimini, i DEP cominciarono con una intro atmosferica, presentandosi con inusuale delicatezza al pubblico italiano, facendo supporre che avessero cambiato approccio da quella volta che, nel 2008 qui al Vidia, Puciato entrò correndo, si lanciò sulla folla, e cominciò a urlare letteralmente camminando sopra le teste dei presenti. Beh, per fortuna i Dillinger hanno ancora voglia di violenza, e stavolta partono subito fortissimo: l’uomo con le cosce al posto dei bicipiti (Puciato) non aspetta neanche un secondo a urlare in faccia ai presenti, mentre Ben Weinman e compagnia suonano, corrono e saltano come se fosse il loro ultimo concerto (cioè come sempre), compreso il bassista storicamente immobile. I cinque americani propongono più che altro brani da “Option Paralysis”, ma anche tanti successi di “Ire Works” e in generale tutti i migliori pezzi della loro discografia, e il pubblico apprezza tantissimo: chi non si muove come un forsennato si gode lo spettacolo a bocca aperta, faticando a seguire con gli occhi tutti i movimenti di questi cinque pazzi schizofrenici. Puciato sembra come al solito divertirsi come un matto, ma stavolta non esagera con le acrobazie (due anni fa si appese alle travi sul tetto del Vidia, parecchi metri sopra le teste del pubblico), “limitandosi” a qualche salto dalle alte casse ai lati del palco. Una cosa però oggi emerge prepotentemente dai live, come poi dalle prove su disco, dei Dillinger: l’indiscusso genio del signor Weinman. La musica partorita dalla sua mente assomiglia sempre più ad una sorta di “caos organizzato”: in questo show, come nell’ultimo album, non c’è spazio solo per la violenza (apparentemente) incontrollata, ma anche per le forti influenze di “pop malato” già in parte presenti in Ire Works (“Black Bubblegum”, cantata da tutti i presenti) e di melodia pura. Ok, siamo pur sempre ad un concerto dei Dillinger Escape Plan, ma è singolare notare come uno dei momenti più memorabili del concerto sia stata la riproposizione di “Widower”, con Weinman alla tastiera e Puciato che sembrava un cantante pop (il suo cantato melodico, tra l’altro, migliora sempre di più).
Insomma, in poche parole, anche stavolta i DEP dimostrano che un loro concerto è un’esperienza insostituibile, adatta a quasi tutti i palati (o solo a quelli più eclettici, a seconda dei punti di vista); la loro esibizione, degna conclusione di una serata memorabile, ci conferma che, tra molti anni, poter dire di averli vista sarà motivo di invidia per chi non ha potuto farlo. E forse, un giorno, saranno davvero dei “miti” per le future generazioni di ascoltatori di musica estrema…