(Self-released/independent, 2011)
1. Miccia Prende Fuoco
2. Il Tuo Tempo è Finito
3. Diffondere Cultura Inutile
4. La Quiete Tormentata
5. Il Mio Silenzio
6. La Vergine Impaziente
7. Il Piacere di Tormentarvi
I Necrolust sono una formazione appartenente alla “Estrema Corona Fanese”; autentica realtà musicale, altamente professionale a parere di chi scrive, capace nel corso degli anni di sfornare musica fortemente indipendente ma spesso di alto livello, come i defunti Valak, gli ipnotici quanto alienanti Ovskum o gli ormai conosciutissimi Diorrhea, questi ultimi capaci di ritagliarsi una posizione, anche a livello internazionale, di tutto rispetto visti i numerosi tour transalpini.
Il verbo di cui i nostri cinque si fanno carico è sicuramente appartenente alla plumbea bandiera nera del Black Metal, verbo spesso farcito da inserzioni tipicamente hardcore. Niente di nuovo sul fronte occidentale voi mi direte considerando, giustamente, che tale alchimia continua ad essere puntualmente proposta da oltre vent’anni nel tentativo di ricreare più o meno fedelmente il sound di band come Mayhem e Darkthrone. Mi spiace però contraddirvi: infatti la band sfodera una prestazione maiuscola e altamente emozionale. Fautori di tali sensazioni sono sicuramente il batterista Legion a cui va il merito di creare delle ritmiche schiacciasassi, ipnotiche e gelanti al limite del distacco, linee di basso oscure, sempre presenti e una premiata ditta chitarristica sfornante riff dal forte retrogusto nordico, talmente taglienti da rimanere impressi nel cervello già dal primo ascolto. Il disco non perde compattezza e groove neanche nei rallentamenti che costituiscono il vero valore aggiunto dell’album.
Da brividi la chiusura di “Diffondere Cultura Inutile” e l’inizio de ”La Quiete Tormentata” dove i nostri dimostrano di avere spettri di ascolti che vanno ben al di là del metal estremo. A tutta questa confezione, già di per se di elevata fattura, si aggiunge l’elemento forse più originale,] rappresentato dalle linee vocali del cantante Alessandro, mai banali e di un catacombale che non capita spesso sentire. La sua voce è nera, incazzata quanto basta ma soprattutto (consentitemi l’aggettivo) teatrale pari a quella di un menestrello dannato decantante, con occhio distaccato, i mali di un mondo ormai prossimo alla rovina e sempre più schiavo di se stesso. Particolarmente impegnate pure le liriche considerando anche il “genere” in questione.
Un disco altamente maturo, senza dubbi, che potrebbe essere destinato ad un pubblico di nicchia ma che può donare soddisfazioni anche ad un pubblico non particolarmente esperto di questo genere.
Voto: 8