(Dead Heroes Label, 2014)
1. Fear of Circles
2. Polydactyl
3. Vogon Poetry
4. Solid Grade
5. Mid Life Crisiscore
6. Uncles of the Champion Sandwich
7. Shin Kicker
8. God is an Awful Human
9. Suppository Soundscapes
10. Veterans of Future Wars
11. No Response
12. Christpipe
13. Giraffetermath
14. None Shall Pass
Sono in quattro, vengono da Liverpool e rappresentano alla grande la musica migliore della loro nazione: no, non sto parlando dei Beatles, nè, tantomeno, dei Carcass, bensì degli HorseBastard, una realtà piuttosto giovane del panorama estremo internazionale (si sono formati solamente nel 2011), ma che già promette fuoco e fiamme.
Avevo avuto la fortuna di vederli la scorsa estate in quel di Trutnov all’Obscene Extreme Festival ed erano diventati i miei rookies of the year: la loro performance tutta sudore, screams lancinanti e no-stop blastbeats m’aveva lasciato semplicemente senza fiato. Non sapevo assolutamente nulla di loro e quanto trovato sul web m’aveva decisamente stupito: pochi gli anni d’attività, ma tanti concerti e minitour e… un solo singolo comparso su un’irreperibile compilation, un video su Youtube che pare più un cortometraggio di Wilwoosh con attori inglesi ed un, come amano chiamarlo loro, mini-LP registrato a febbraio-marzo 2013 in attesa d’essere pubblicato.
Un anno dopo, evidentemente, i tempi, sempre misteriosi e complessi quando si parla d’underground, sono maturati e il suddetto mini-LP, grazie all’etichetta di culto ceca Dead Heroes Label (The Afternoon Gentlemen e Lycanthophy proprio non vi dicono nulla?), vede finalmente la luce: in elegante formato 10”, battezzato sotto il misterioso nome di Giraffetermath, promette di diventare una piccola grande chicca per tutti gli amanti dell’hardcore evoluto, del grindcore, ma anche di chi adora l’estremo senza confini, a mente aperta.
Esteticamente ed attitudinalmente gli HorseBastard mi ricordano molto i loro ‘colleghi’ d’Oltreoceano ACxDC: grafiche ammiccanti e fumettistiche (anche se, da questo lato, gli inglesi se la cavano meglio), titoli in piena tradizione West Coast Powerviolence, fra ironia, calcolata demenza, nostalgiche citazioni Nineties (“Mid Life Crisiscore”: abbiamo beccato altri fan di Mike Patton nel mondo della musica ultra-estrema!), divertita antireligiosità e spruzzatine dosate di impegno (anti)politico, ‘pose’ skate-core… Certo, un libro non va giudicato dalla copertina, né l’abito fa il monaco, né una rondella fa primavera, ma, in un mondo in cui spesso una certa immagine è sempre più una dichiarazione d’intenti, le mele non cadono troppo distanti dall’albero. E con questo, credo, il Vostro Affezionatissimo dovrebbe avere battuto il record di proverbi in una sola frase; insomma, un po’ quello che gli HorseBastard fanno in Giraffetermath: quattordici canzoni in… mezzora? Acqua, acqua… In venti minuti? No, in undici minuti e un pugno di secondi. Ma, attenzione: qua non siamo di fronte all’ennesima zozzeria noisecore di pseudo-culto, l’ennesimo “357956 songs in one minute” – roba che nel 2014 non strappa nemmeno più un mezzo sorriso –, bensì davanti a una serie di schegge impazzite che, nella loro schizofrenia ultrablastata, hanno un senso e sono ben distinguibili l’una dall’altra.
Giraffetermath, pur nella sua emblematica brevitas, è decisamente la risposta britannica/europea alla nuova generazione californiana grind/powerviolence, quella New Wave Of British Powerviolence (i fans dei Saxon e dei Maiden mi perdonino la licenza) che vedeva nei già citati The Afternoon Gentlemen gli ottimi iniziatori, benché il combo di Leeds si distingua parecchio dai Nostri: il loro sound è, infatti, un’ottima sintesi di postcore (de)strutturato, grind sporco e selvaggio, powerviolence istintivo, il tutto sorretto da urla strazianti e da un drumming che non sfigurerebbe su … And Time Begins, piuttosto che su Exodromos (vabbè… non proprio a questi livelli, ma credo che un buon 80% di brutal death metal drummers, tanto super-fenomeni, quanto super-editati, potrebbero restarci secchi di fronte al lavoro del batterista Trippy, malgrado i suoni non troppo convincenti), in grado d’unire la marzialità del brutal alla spontaneità dell’hardcore, alla schizofrenia calcolata del math-rock. E sono queste, infatti, le coordinate su cui si muove l’intero mini-LP degli HorseBastard: un trenino su cui troneggia il blastbeat più forsennato (sbaglio o su “Solid Grade” c’è pure spazio per un gravity, soluzione, peraltro, inedita in ambito –core?), in cui la furia e le dissonanze dei Converge vanno a braccetto con Napalm Death e Flesh Parade (“Uncles of the Champion Sandwich”, “Shin Kicker”) e c’è anche spazio per improbabili crossover fra Botch e Last Days of Humanity (“Veterans of Future Wars”, “Christpipe”). In generale, nonostante l’incredibile brevità dei pezzi, si vede che i Nostri, negli equilibri destrutturati ed instabili (si pensi a “God is an Awful Human”), hanno imparato molto bene la lezione del powerviolence contemporaneo, alternando lenti rubati agli Isis di primo pelo o a certo sludge con no-stop blastbeats – la ‘classica’ formula già adottata da Weekend Nachos, ACxDC e Witch Cult –, suonando comunque personalissimi e non derivativi.
Un piccolo capolavoro che però solleva un paio di dubbi non troppo positivi: se fosse durato di più, avrebbe ‘spaccato’ allo stesso modo o avrebbe risentito d’un calo d’intensità (la carne al fuoco, malgrado il basso minutaggio, è veramente tantissima)? Ma, soprattutto, perché solo undici minuti? We want moooore!!
7.0