(Century Media Records, 2014)
1. Tree Of Suffocating Souls
2. Boleskine House
3. Altar Of Deceit
4. Breathing
5. Aurorae
6. Demon Pact
7. In The Sleep Of Death
8. Black Snow
9. Waiting
Era il lontano ’83 e pochi anni prima i Venom avevano incominciato a consacrare l’inesorabile marcia del metal oscuro per eccellenza. Dalla Svizzera giunse in quel momento il primo vagito di uno dei gruppi fondamentali per lo sviluppo della seconda ondata del black metal scandinavo, ma già di lì a breve avremmo assistito ad una delle sue re-incarnazioni. Vulcano di idee e pozzo senza fondo di pessimismo cosmico, Tom Gabriel Warrior iniziò la sua progressiva ascesa nell’olimpo del metal estremo come uno dei musicisti più importanti della sua generazione. Siamo pienamente consci che una presentazione simile suoni molto “School of Rock” ma è la verità, né più ne meno. Dobbiamo molto a questo genio svizzero, e il suo perseverare lo ha condotto alla seconda effettiva re-incarnazione di quel fenomeno del black metal di prima ondata chiamato Hellhammer. Coi Triptykon si chiude infatti l’ideale trittico che vede il martello infernale come primo elemento seguito poi dai Celtic Frost, ed è proprio questi ultimi che Warrior e squadra prendono come uno dei punti di partenza.
Nel 2006 i Celtic Frost rilasciarono quel capolavoro di musica oscura che rispondeva al nome di Monotheist, un lavoro capace di ridefinire in toto i confini ed i dettami della musica, non più soltanto estrema, non più solo black o death o thrash ma un imperscrutabile, indefinibile e affascinante conglomerato di oscure salmodie e melodie sinistre, aggressività monolitica e granitico cinismo. Dopo il loro scioglimento (non proprio tale, ma visto che Warrior li ha abbandonati…) a noi poveri fan rimase l’amaro in bocca e la delusione di una certezza ormai palpabile di non poter gustare altri capolavori. Ma fortunatamente nel 2010 sono nati i Triptykon: formazione nuova, spirito antico e polveroso e pessimismo dilagante. I pochi dubbi rimasti sono svaniti immediatamente ed eccoci a gustare un essenziale e profondo elisir nero e denso come la pece. Dopo un EP un po’ discusso, ma che secondo chi scrive era di una spettacolarità impareggiabile, ecco arrivare Melana Chasmata.
Il titolo viene dal greco per “abisso nero”, e potremmo fermarci qui. Un nome, un programma, e conoscendo Tom Warrior possiamo immaginare cosa ci attenda. Un’ora e sette minuti di inferno, un inferno gelido e soffocante che ci viene ancora una volta presentato attraverso le visioni malate di H. R. Giger, autore di mondiale rilievo nel campo del cyber-horror deviato passato a miglior vita proprio nel 2014: era accaduto per Eparistera Daimones e il fondamentale To Mega Therion, stavolta l’artwork è ripreso dalla tavola “Mordor VII”. Le coordinate non sono cambiate molto da Monotheist in poi, c’è la stessa ricerca dell’oscurità in musica, lo stesso spettro del passato trascinato dai cavernosi “Uh!” di Warrior ad inizio canzone o dai ritmi più thrash oriented. È effettivamente presente anche una componente nuova, indubbiamente imputabile in maggior parte a V. Santura, session dal 2006 in poi per i Celtic ed axeman fisso dal 2010, chitarrista di impressionante tecnica che in questo contesto rivela tutto il proprio gusto per soluzioni eclettiche ma funzionali, melodie dolci ma non stucchevoli ed uno screaming primitivo che ben accompagna il tono baritonale di Warrior. Ad accompagnarli sono ancora oggi i validissimi Norman, che stavolta pare sia stato lasciato libero di esprimersi in un eclettico drumming meno incline ai semplici tempi doom del precedente lavoro, e Vanja (è sempre un piacere distinguere un basso in distorto in dischi simili).
Si potrebbe scrivere a lungo di quanto gli elementi di doom, death, gothic, black e death siano meglio bilanciati rispetto al disco precedente. Di come ancora una volta l’intervento delle clean vocals di Simone Vollenweider riescano ad impreziosire la proposta e ad incupire maggiormente il risultato finale proprio grazie alla splendida delicatezza vocale. Di come “Black Snow” ricordi una nuova versione di “Synagoga Satanae” coi suoi dodici minuti di durata. Di come “Tree of Suffocating Souls” ecciti col suo incedere pachidermico e di quanto sia geniale l’idea di usare un effetto “mandolino” nella chitarra di Santura nell’assolo. Di come “Waiting” sia un finale malinconico, elegante ed inaspettato. Tutti questi e molti altri sono gli elementi che sicuramente apprezzerete una volta ascoltato Melana Chasmata. I signori del male sono tornati e così si schiude ancora il seme della follia che loro stessi hanno piantato in noi ormai tanto tempo fa.
8.0