È uscito l’anno scorso per Crac Edizioni Shocking Metal. La storia del giornalismo metallaro in Italia, di Francesco Ceccamea. Già autore del romanzo sui generis Silenzi Vietati, ha scritto di recente i testi della Storia del rock a fumetti di Enzo Rizzo, ha collaborato sporadicamente con qualche rivista cartacea, ha curato la rubrica Bringing Metal to the Horses sul portale di Metal Hammer. Porta anche avanti il blog Sdangher: una creatura partorita e curata assieme a Ruggiero Musciagna in cui, senza peli sulla lingua, dà schiettamente voce al proprio temperamento esuberante, gettando sul panorama metal il proprio punto di vista lucido, arguto ed obliquo, non di rado provocatore, tramite una prosa veloce, colta, affabulatoria e appuntita come uno stiletto, e coltivando tra le altre cose un’insana passione per i cavalli e per un sornione erotismo. Ma il suo più grande pregio è quello di riuscire a trasformare tutto in una storia. Sia che si tratti di un cd da recensire o di una cacca su un prato, avrà bisogno di dargli un senso, di cercarne uno, capirne le cause e raccontarle. Ecco perché nessuno meglio di lui avrebbe potuto drammatizzare, mettere ordine e raccontarci i dietro le quinte di quel profluvio di carta metallara che si riversava nelle edicole di tutta Italia. Impreziosite da una prefazione di Della Cioppa e da una postfazione di “Fuzz” Pascoletti, le 200 e passa pagine di Shocking Metal si articolano in quattro sezioni, più quattro interviste finali a mo’ di appendici.
La prima parte, Le Riviste, è quella dal taglio più storico – documentaristico. Si inizia dalla seminale rubrica Hard’n’Heavy ospite di Rockerilla e curata da Beppe Riva, ci si addentra nell’universo fanzinaro, si prosegue con HM e ancora Metal Shock, che la fa da padrone col racconto dell’epopea che coinvolse quattro differenti gestioni, Metal Hammer, Flash, Thunder, Hard! e Psycho!. La prosa di Ceccamea, agile e frizzante, è tutta volta ad assecondare una regia di fondo che vuole dare dell’intero periodo i caratteri dell’epopea e del mito: la mission fanzinara, redazioni che cambiano schieramenti, escamotage DIY da Odissea ed eroici condottieri/redattori che impongono su tutti le loro ambizioni e il loro carattere. Le fonti usate sono però quelle dello storico: le riviste, of course, e interviste inedite e di prima mano. Le dichiarazioni dei protagonisti vengono così fatte cozzare tra loro, ordinate secondo le esigenze della logica narrativa della voce dell’autore. A volte si contraddicono vicendevolmente e allora non si capisce onestamente come siano andate le cose, ma fa parte del gioco. Rimproveriamo solo l’assenza anche solo di un cenno a Rock Sound che, pur essendo una rivista eterogenea e più votata al punk, prima ancora di farsi vessillifera dell’indie rock italiano, un grande spazio al metal lo ha sempre dedicato.
Segue poi una sezione – Quattro modi di scrivere metal – in cui vengono forniti quattro ritratti stilistici, quattro medaglioni che cercano di inquadrare, citazioni alla mano, lo stile e il metodo di scrittura di Riva, Signorelli, Pascoletti e Mancusi. Quattro giornalisti i cui stili sono rimasti, per un motivo o per un altro, paradigmatici. Riva: il primo a dare un linguaggio al metal, il pioniere capace di segnare per primo l’immaginario metal nostrano che mutuava la sua aggettivazione e il suo immaginario da Lovecraft & co. Signorelli, che dà al genere dignità intellettuale a suon di citazioni e stimoli. Pascoletti, incontenibile, esuberante, capace di dare la sua impronta tanto a Metal Shock quanto a Psycho!. E infine Mancusi, il troll dell’ultima gestione Metal Shock. Quattro profili che, se proprio non vogliamo che scoraggino la pletora di scribacchini allo sbaraglio della rete, stanno lì anche per ricordarci, pur non invitando a valicare i limiti della sobrietà, quanto sarebbe importante, anche oggi, avere interlocutori dallo stile e da una lingua riconoscibili. Importante per affermare una calda e confortante presenza e che impedisca a un lettore privato sempre più spesso da ogni appiglio che lo fidelizzi, di vagolare in mezzo a tanto freddo e poco carismatico anonimato.
La terza sezione si occupa del lavoro di redazione. Interessante la panoramica sulle diverse metodologie di recensione ma ancor di più lo è la parte sulle interviste, sempre uguali a se stesse, che agonizzano tra domande d’ufficio e risposte annoiate. E allora è chiaro che Metal Shocking non è solo un malinconico tirar le somme di un’arcadia irrimediabilmente perduta, ma tra le righe della sua epopea vuole anche essere un’occasione di riflessione, uno sprono a un giornalismo di qualità, un invito anche a non accontentarsi, per chi scrive e per chi legge, della mediocrità.
Chi se la sente se la suona però. Ed infatti nell’ultima parte, laddove si parla di futuro, e quindi anche di webzine, Ceccamea se ne sta lì zitto, senza fare nomi, lui che è attentissimo osservatore della rete, senza imporre il suo gusto, ché sta a noi adesso barcamenarci tra i quintali di giga che inondano il web per trovare il critico che sappia dare voce alle nostre esigenze di lettori e ai nostri gusti.
Shocking Metal, quindi, mette a segno almeno due punti. Traccia una storia pressoché completa del giornalismo metallaro in Italia – lo fa con aneddoti, facendo parlare le voci dei protagonisti e senza annoiare – ed è una riflessione importante sullo stato di salute della stampa metallara di oggi e di domani. Non dico che non se ne può fare a meno, ma ogni appassionato di metal, webzinari su tutti, farebbe bene ad averlo sul comodino.
(Crac Edizioni, 2016)