1. Where The Wolves Come To Die
2. Victims And Pawns
3. Dormant Heart
4. To Build A Tomb
5. Overthrown
6. Leech
7. Servitude
8. Indoctrinated
9. Harm
10. Mercy
11. Callous Souls
12. Quiescent
Formati nel 2000 per volontà del frontman Josh Middleton e sotto contratto con la famigerata Nuclear Blast dal 2008, i Sylosis posizionano strategicamente la release del loro quarto full-length nel primo mese dell’anno nuovo, intitolandola Dormant Heart. Ennesimi figli illegittimi di acts ultra-blasonati quali Lamb of God e Trivium, gli inglesi propongono fin dagli esordi un moderno thrash metal à la Machine Head dalle divagazioni progressive a tratti macchiato di metalcore e melodic death di scuola contemporanea.
Nemmeno per l’occasione la formula caratteristica è stata modificata di una virgola: anche in questo caso l’album viaggia nella sua totalità su mid tempo sostenuti, con chitarre dalla notevole pulizia e precisione esecutiva adeguatamente sorrette da una sezione ritmica piuttosto solida e d’impatto ma non ugualmente varia e, a tratti, fin troppo simile a se stessa. Al di sopra di tutto ciò si innestano i vocalizzi di Mr. Middleton, che ricordano molto da vicino la forma espressiva di Rob Flynn, nello stesso modo in cui il tocco di batteria risulta facilmente accostabile a quello di Dave McClain dei sopracitati Machine Head. Rispetto ai precedenti lavori del quartetto si nota un peso lievemente maggiore delle influenze esterne: i rimandi a quel metalcore oggi tanto bistrattato sono evidenti nei chorus così come nei passaggi più morbidi; d’altra parte riemergono a più riprese gli ascendenti fondamentali di matrice Slayeriana, specialmente per quanto riguarda il lavoro chitarristico.
Fin qui tutto bene. Il fatto che la formazione britannica abbia deciso di non rischiare è sì discutibile ma non strettamente legato al discorso qualitativo sul disco in sé: infatti, il difetto maggiore di Dormant Heart nasce dalla volontà della band di fare le cose in grande pur non apportando innovazione alcuna. C’è poco da dire poi riguardo alla durata, sessanta minuti pieni per un album del genere sono, senz’ombra di dubbio, troppi. Procedendo nell’ascolto si nota come la varietà sia quasi del tutto assente, assistiamo per un’intera ora a riproposizioni delle medesime soluzioni che se a primo impatto risultano efficaci dalla seconda metà del disco in poi non fanno altro che frenare gli entusiasmi e livellare l’appeal generale di Dormant Heart. Al contrario, i brani intesi come composizioni singole si presentano come buone rappresentazioni di uno stile indubbiamente peculiare, in equilibrio tra influenze variegate e ben amalgamate, ma capaci purtroppo di funzionare solo come unità.
I Sylosis hanno scelto di non correre rischi anche nel 2015; e nonostante le buone intenzioni e l’ottima esecuzione, l’ultimo sforzo del combo inglese si configura come un collage di reminiscenze ed idee rilanciate che purtroppo viene difficile premiare più di tanto.
6.5