Album numero due per i danesi The Sonic Dawn, che con Into the Long Night continuano il loro percorso sonoro volto a riportare in auge un certo modo di fare (e vivere) il rock’n’roll, quel rock che ha forse perso quell’aura di spensieratezza e leggerezza che lo caratterizzavano all’epoca del suo maggior splendore.
La nuova opera si discosta in maniera abbastanza evidente dal predecessore fin dalla produzione, davvero molto morbida, volta ad enfatizzare in primis la melodia, così preponderante e padrona. Il disco lascia per qualche istante da parte le atmosfere più prog/psichedeliche per concentrarsi su derive più leggere. C’è un’atmosfera vintage e soffice nelle nuove composizioni, quasi ballabili (la sbarazzina e flower power oriented “On The Shore”) e in certi momenti si sfiora quel pop che spesso fa storcere il naso ai puristi. Un pop comunque raffinato e pur con un cantato piacevole e dolce si irrobustisce, grazie a tanti piccoli inserti, siano essi jazz (“l’Espion”), rock/blues (l’energica “As of Lately”) o in generale momenti che fondono il rock psichedelico con melodie rilassate alla Beach Boys. Le chitarre spesso si adagiano sulla musica del diavolo, per poi accelerare e danzare assieme al wah wah di Hendrixiana memoria. Da segnalare anche la ballata folk-rock acustica “Lights Left On”, che riporta alla mente i Jethro Tull e pure i Marillion per certi giochi vocali. Dulcis in fundo, la conclusiva “Summer Voyage” è un trip onirico e mentale con tanto di sitar e tanta voglia di masturbare la mente.
Into the Long Night è un album di un gradino leggermente sotto rispetto al debutto ma assolutamente godibile, e che merita di trovare spazio negli ascolti quotidiani. Magari tutti i dischi pop fossero così.
(Heavy Psych Sounds, 2017)
1. Intro
2. Emily Lemon
3. As of Lately
4. Six Seven
5. Numbers Blue
6. Lights Left On
7. l’Espion
8. Summer Voyage