Mantenendo sempre un profilo basso, i Suffocate For Fuck Sake si sono ormai stabilizzati come una delle formazioni più interessanti dell’underground scandinavo, con la loro proposta che va a toccare vari generi, tra cui in particolare post-rock/metal e screamo. Già l’EP di debutto presentava un sound affatto scontato capace di plasmare sensazioni eterogenee, accomunate da un costante sconforto, con la caratteristica aggiunta delle parti parlate in svedese, onnipresenti anche in futuro, solitamente estratte da interviste e podcast riguardanti i concept dei lavori. Il loro potenziale ha avuto modo di esprimersi ulteriormente con due full length, i quali hanno continuato a trasportare in scenari desolati, privi di speranza, in cui il sollievo appare come una sensazione utopica. Fyra arriva nella prima metà di questo 2021 tramite Moment of Collapse Records, e lo si può descrivere come il loro lavoro più completo e ambizioso a oggi, non solo per la durata da 81 minuti, ma per avere la caparbietà di far convergere tutti gli elementi della loro proposta e innalzarli a un livello superiore.
Dopo Blazing Fires…, che ripercorre la storia di una ragazza che ripensa al suo passato negli ospedali psichiatrici a causa di un disturbo bipolare, e In My Blood, con la sua analisi di un lato oscuro della storia svedese, ovvero le pratiche di eugenetica effettuate per sterilizzare le donne di classi sociali inferiori con l’intenzione di migliorare la qualità della vita, anche Fyra segue un concept preciso, legato alle dipendenze. Sono quattro i personaggi che parlano delle loro storie, e si può sentire il passaggio da un soggetto all’altro proprio grazie agli estratti dalle loro interviste.
Il primo protagonista è Mikael, e la sua dipendenza dalla droga che nella sua vita ha comportato l’allontanamento dai punti di riferimento e soprattutto dalla sua famiglia. “From The Window” apre le danze con la sua atmosfera malinconica, supportata dall’immancabile scream straziante che riesce a esternare il dolore provato dal personaggio di cui si sta parlando. Ma se il cantato ha questa caratteristica abbastanza ricorrente, sono molti i momenti in cui la rabbia passa in secondo piano per lasciare spazio a un’impronta nostalgica, che visti gli argomenti trattati si può collegare ai ricordi di quegli attimi vissuti prima che le dipendenze imponessero un grigiore asfissiante.
Si passa al secondo personaggio, Mia, all’alcolismo di sua madre e all’infanzia passata da lei e il fratello tra continue incertezze. Si entra nel vivo dell’ascolto, i brani continuano con i loro tempi cadenzati ma avvolgenti, mai tediosi, con una maggiore attenzione data al lato post-metal/rock della proposta. Si può sentire particolarmente questo approccio nella doppietta formata da “Alone” e “Cosmopol”, in cui anche nei momenti più energici gli arrangiamenti si possono associare più a pg.lost, Rosetta e simili piuttosto che a formazioni screamo, specialmente dal punto di vista strumentale. In certe circostanze le influenze arrivano addirittura a richiamare i Cult of Luna, specialmente con gli arpeggi flemmatici che tornano spesso nelle varie composizioni.
Si entra nella seconda metà del disco con la storia di Adam, che a causa del vizio del gioco d’azzardo è finito per entrare in contatto con individui pericolosi per lui e i suoi amici. I tre pezzi riguardanti la sua figura sono quelli che racchiudono nel migliore dei modi tutti gli elementi di Fyra; alla già citata “Cosmopol” succedono “Behind The Door”, in cui le parti screamo timidamente si fanno più spazio, e “To Fall Apart”, pezzo dalle molteplici facce, che parte rabbioso ma lo rimane per solo una ventina di secondi, finendo per essere invasivo, marchiato da una ritmica assillante. Se capita fin troppo spesso di avere a che fare con dischi che con il succedersi dei brani perdono d’inventiva, qui accade l’esatto contrario. Passano i minuti e si notano tutti i miglioramenti della band svedese dal punto di vista compositivo, con i già ottimi risultati ottenuti in precedenza che vengono superati, creando uno scenario in cui l’oscurità è centrale, ma non totale, come vedremo. Oscurità messa ulteriormente in risalto dalle parti in parlato, che donano al disco un tocco drammatico, e, facendo un parallelismo tra musica e cinema, sono ben contestualizzate al punto da avvicinarsi all’espressività dei monologhi presenti in vari film del loro connazionale Ingmar Bergman.
Si arriva alla fine del disco con l’ultima protagonista del concept, Martina, la cui storia è macchiata dal vizio del cibo alla cui base c’è la perdita della sua famiglia e da fobie sociali, con continue ansie che le impediscono di contrastare questo spettro. “Here” inizia con un approccio disperato, che nei suoi otto minuti sfuma per lasciare spazio a un tocco più delicato, accentuato dalla voce femminile di Charlee (già presente in alcuni brani di In My Blood). Ciò che pare ci vogliano raccontare i Nostri è che anche nei momenti peggiori, in cui ci si sente asfissiati dai propri demoni, un pizzico di speranza c’è sempre. Le storie dei quattro personaggi non vanno a toccare solo i momenti peggiori delle loro esperienze, ma anche i passaggi che hanno permesso loro di lasciarsi alle proprie spalle le dipendenze. In questo modo, il disco si chiude con un accenno di speranza, non solo l’oscurità assoluta.
Il terzo album dei Suffocate For Fuck Sake si può ritenere il loro definitivo salto di qualità. Un ascolto massiccio e mai noioso, sorretto da un leitmotiv pezzo dopo pezzo sempre più avvolgente, che porta a un’esplosione sonora e sentimentale nella sua seconda metà non tanto per pezzi qualitativamente migliori, ma perché è tutto un accumularsi che porta a un risultato finale a dir poco imponente. Lavoro imperdibile nel panorama post, e in generale per chiunque apprezzi proposte capaci di guardare fuori dagli schemi.
(Moment of Collapse Records, 2021)
1. From the Window
2. 15 Missed Calls
3. All Our Memories
4. Alone
5. The Surface
6. Hope
7. Cosmopol
8. Behind the Door
9. To Fall Apart
10. Here
11. Small Comments
12. Quiet