(Nuclear Blast, 2011)
1. Divine Illusion
2. There Is Nothing Left
3. Procession Of Ashes
4. A Pure Evil
5. Embrace The Curse
6. Spineless
7. The Past Will Haunt Us Both
8. Royalty Into Exile
9. My Retaliation
10. Rebirth
11. The Death Plague
12. In This Life Of Pain
13. Nobleza En Exilio (bonus track)
Il titolo del nuovo album del five-piece californiano All Shall Perish sembra presagire la fine del mondo… e dopo aver ascoltato il disco viene da dire che la cosa non sia affatto errata. Tra l’incredibile numero di band metal formatesi negli ultimi anni, in particolare nell’ambiente hardcore, solo una minima parte sono riuscite a raggiungere livelli qualitativi tali da poter essere definite come alfieri della scena metallica odierna e soprattutto ancora meno son quelle che saranno ricordate a distanza di anni. Sono diverse le modalità con cui i nuovi re del metallo, usciti dalla scena metalcore/deathcore, sono stati capaci di reinventarsi e raggiungere un certo stato di grazia: chi ci è riuscito rielaborando pesantemente il proprio stile abbandonando completamente la matrice hardcore, vedi i Job for a Cowboy, chi invece ha attuato manipolazioni stilistiche altrettanto pesanti senza però discostarsi troppo dalle proprie origini. Per la seconda categoria gli All Shall Perish sono senza dubbio l’esempio migliore.
Con This is Where it Ends la band di Oakland ha realizzato una sorta di punto di incontro tra il deathcore estremamente tecnico ed infarcito di grindcore e brutal dei primi album (Hate. Malice. Revenge e The Price of Existence) e la nobile vena progressive, con la quale la band rielaborò pesantemente il proprio sound con risultati ottimi, di Awaken the Dreamers. Durante l’ascolto sembra che la band segua la strada tracciata col precedente album lasciando maggior spazio alle atmosfere lisergiche e claustrofobiche dei primi lavori (efficacissima l’apertura con “Divine Illusion”, una manata in pieno volto che ci riporta indietro nel tempo alla violenza gratuita degli esordi mentre siamo ancora in grado di udire gli echi prog e melodici di Awaken the Dreamers). Una fusione di death metal e harcore in cui trovano spazio groove e ritmiche che talvolta chiamano in causa il thrash, ed una dimostrazione di tecnica sopraffina con partiture progressive dove melodia e parti soliste di chitarra non risultano fini a sé stesse ma dialogano con il brano creando gamme sonoro/cromatiche ricchissime. Non c’è niente di troppo, nessun senso di vuoto o necessità di aggiungere altro alle composizioni, tutto è al suo posto. L’utilizzo delle chitarre a 8 corde, molto in voga ultimamente (ma i Meshuggah non li ascoltava nessuno?), non risulta l’ennesimo tentativo di sembrare i più cool del momento, grazie anche al grande bagaglio tecnico e stilistico del nuovo chitarrista della band: l’italiano Francesco Artusato, noto per gli eccellenti risultati alla Berklee College of Music.
Un disco violento ma nobile, ricco ma tremendamente prepotente, pregno della violenza ignorante che siamo abituati a sentire dal combo californiano. Da non sottovalutare poi il potenziale che l’album potrebbe avere per far avvicinare agli All Shall Perish anche una determinata frangia di pubblico che non nutre particolari simpatie per la scena hardcore alla quale la band è legata. Per gli utenti che si apprestano all’ascolto: qua sono schiaffi!
Voto: 8