(Relapse Records, 2012)
1. Theme From ‘Pillpopper’
2. Parasite
3. Her Little “Accident”
4. The Sad Clown
5. Ants In My Bloodstream
6. Broom Pusher
7. Opium Hook
8. Bowels Of A Baby Killer
9. Beyond Fixable
10. Only Photographs Remain
Torna una delle band più fangose di Los Angeles, a raccontare come di consueto storie di tossico-dipendenza, violenza, disperazione, depressione e rabbia: i 16, che presentano il loro nuovo parto discografico Deep Cuts From Dark Clouds.
Dopo lo scioglimento, avvenuto nel 2004, la band si è riformata nel 2007, dando alla luce, due anni dopo, il riuscito album di ritorno (o forse dovremmo dire di “non-ritorno” date le tematiche, il sound e le atmosfere concepite dalle menti malate di Bobby Ferry e soci) Bridges to Burn, pubblicato da Relapse Records così come il suo successore, che andiamo qui a recensire.
Dobbiamo ammettere che il combo losangelino non tradisce le aspettative, Deep Cuts From Dark Clouds rappresenta infatti il sunto perfetto del sound della band: suoni fangosi che trasudano marciume da tutti i pori e, in quanto band prettamente bastarda e seminatrice di depressione, i 16 non spostano le coordinate della loro proposta da quanto fatto in passato, rimanendo fedeli a quello che è il loro trademark. Il risultato sono dieci brani intrisi di sludge e stoner pesantemente contaminati da elementi figli degli anni Settanta, parafrasando il tutto con una forte vena di matrice hardcore che rende il tutto più pesante ed oppressivo. Il punto di forza del four-piece californiano risiede indubbiamente nella schiettezza e nella sincerità del proprio sound, il quale si rivela anche il tallone d’Achille di questo disco: se da una parte il suono diretto e fangoso dei 16 farà la gioia dei fan di vecchia data e degli sludgers più convinti e conservatori, dall’altra parte si rivela fin troppo monotono e inflazionato. Non che ci si debba aspettare una particolare ricercatezza o inventiva da una band di questo tipo, ma certe soluzioni alla lunga risultano stucchevoli. Quello che manca su tutto è un sano affondo sul pedale dell’acceleratore, cosa che i 16 avrebbero potuto ottenere con delle sferzate hardcore più decise che avrebbero donato al disco dinamicità e “respiro” dall’uso trito e ri-trito del mid-tempo, soluzione che conferisce senza dubbio l’effetto depressivo/malsano ricercato dalla band, ma che può far nascere facilmente noia nell’ascoltatore. Da notare che, rispetto al suo predecessore, il nuovo capitolo discografico della band di Los Angeles goda di un comparto vocale decisamente più in linea con il sound della band, o se non altro più convincente.
In definitiva i 16 si fanno portavoce dei suoni melmosi dello sludge e dell’aridità dello stoner, senza però il fango delle paludi ed il clima insopportabile del deserto. Una band onesta, che pecca ancora di “anima” in un genere tutto cuore e sentimento, dove l’anima è fondamentale. Deep Cuts From Dark Clouds è un titolo che non può certo mancare nella collezione dei fan dei 16 o di chi mastica con costanza queste sonorità, per gli altri sarà, con tutte le probabilità, un’avventura di una notte destinata ad esaurirsi e della quale rimarrà solamente un ricordo annebbiato. Male che vada sarà la colonna sonora perfetta per espiare qualche demone ed il marciume dal proprio animo.
6.0