(Sargent House, 2015)
1. Carrion Flowers
2. Iron Moon
3. Dragged Out
4. Maw
5. Grey Days
6. After the Fall
7. Crazy Love
8. Simple Death
9. Survive
10. Color of Blood
11. The Abyss
Sono ormai passati quasi dieci anni dal debutto di questa ragazza di Sacramento classe 83; la sua discografia nel tempo si arricchita di sei dischi, un paio di collaborazioni e un live album, registrato nel corso della sua esibizione al Roadburn del 2012; insomma, la fanciulla non è stata propriamente con le mani in mano. Parliamo naturalmente di Chelsea Wolfe, un’artista che veramente può piacere a tutti, non importa se vi piace il punk, il metal, l’elettronica, il pop, il drone o chissà cosa, nella sua musica si può trovare facilmente un qualche elemento capace di affascinare l’ascoltatore medio. Abyss è la chiara prosecuzione di Pain Is Beauty sia dal punto di vista compositivo che dal lato qualitativo dell’audio: lavoro dopo lavoro la nostra cantautrice attira meritatamente sempre più fan e questo immancabilmente alza l’asticella del budget destinato ai suoi lavori. Insomma, prima di tutto scordatevi la produzione marcatamente lo-fi che caratterizzava gli esordi.
Abyss conserva le atmosfere fosche alle quali ormai siamo abituati. Le prime tre tracce molto devono a quelle sonorità anni novanta riconducibili alla seconda ondata trip hop inglese, come evidenziano le ritmiche cadenzate sorrette da un muro di oscura elettronica, con la voce di Chelsea spesso filtrata dal classico effetto citofono. Questo sound si fa spazio a discapito delle componenti drone, che viceversa si fanno sempre più esigue quando proprio non scompaiono. Si prosegue con “Maw” e “Grey Days”: la direzione sonora intrapresa qui cambia, con un occhio in più verso il passato. Oltre l’elettronica di base sono particolarmente presenti strumenti come chitarre e violoncello, che rievocano l’importanza che assumeva la parte acustica nei precedenti lavori; le ritmiche sono meno importanti, più ossessive, ripetitive e svolgono solo la funziona di accompagnamento. Con “After the Fall” torniamo all’uso massiccio dell’elettronica mentre con “Crazy Love” ad un discorso più strumentale e qui capiamo davvero che Abyss è questo: la continua alternanza di pezzi con questi diversi approcci. Quando si cerca delicatezza pura ci si affida ad una formula più o meno collaudata nel tempo, un giusto mix tra l’acustico con svariati strumenti e un uso del digitale in scala più ridotta, con un sottile gusto folk e new wave; quando invece la “botta” emozionale dev’essere più forte ci si ritrova ad ascoltare canzoni quasi esclusivamente elettroniche, con un potente background industrial e trip hop e con voci effettate molto adatte a scuotere l’ascoltatore. “Simple Death” e “Survive” sono espressioni della prima anima di Chelsea Wolfe, mentre “Color of Blood” è il perfetto esempio di come la cantautrice sia alla continua ricerca della novità: in particolare, il brano ha la peculiarità di essere cantato con una strana pronuncia, una marcata “S” strisciante. Il disco si conclude con “The Abyss” il pezzo che forse più si avvicina alle primissime produzioni della nostra oscura e incantevole signorina, in cui la dissonanza e il un minimalismo strumentale creano un motivo altamente ansiogeno.
Chelsea Wolfe si rivela come sempre una grande cantautrice. La sua è una evoluzione abbastanza naturale: è normale cercare nuovi proseliti rendendo la propria musica più accessibile, ma è anche difficile fare ciò senza abbassarne la qualità e questo obbiettivo è stato raggiunto. Chelsea ha fatto tesoro dell’esperienza di grandi voci femminili come Beth Gibbons, Bjork, Tori Amos, con le quale condivide dei percorsi affini, non per forza di provenienza sonora quanto di percorso artistico. Se ancora non conoscete questa ragazza californiana questo è l’album giusto con cui avvicinarcisi, per poi andare a ritroso nella sua discografia e cogliere in tutto il suo splendore questo fiore nero della musica.
7.5