(Shove Records / Moment of Collapse Records / Forever True Records, 2012)
1. Hide And Weep
2. No Land Toward The Sea
3. Bury Them In Dust
4. Stellar Filth
5. Light Release
6. End Of A Kingdom
7. A Thousand Thorns
L’ascoltatore poco attento e incline a generalizzare potrebbe non riservare ai Rise Above Dead la considerazione che meritano, classificandoli dopo un ascolto poco approfondito come un gruppo dedito a farsi conoscere con facilità nel tanto chiacchierato ambiente post core / post metal. Sicuramente Stellar Filth esce “nel momento giusto”, e non si può certo negare che la musica ivi contenuta mostri in diversi momenti quanto i ragazzi abbiano assimilato al meglio la lezione di gruppi come Cult Of Luna, Fall Of Efrafa e Buried Inside (tanto per non scomodare i soliti Neurosis), ma l’esordio sulla lunga distanza del quintetto milanese è senza dubbio un gran bel dischetto, contenente un lotto di pezzi azzeccati che nascondono richiami anche ad influenze diverse dal solito “post metal”, come una sostanziale componente doom / sludge e qualche notevole chicca qua e là (come il bell’assolo dell’opener “Hide And Weep” o quello appena accennato della conclusiva “A Thousand Thorns”, oltre agli azzeccati interventi di elettronica a cura di Francesco Tosi dei Three Steps To The Ocean).
Andando ad analizzare Stellar Filth in un sommario track by track, potremmo scomporlo in due “tronconi” da tre brani, con la titletrack in posizione centrale a traghettare l’ascoltatore da una prima parte più aggressiva e coinvolgente ad una più introspettiva, ma ci rendiamo conto che è una divisione abbastanza arbitraria; quello che ci sembra innegabile è che i Rise Above Dead sparano fin da subito le loro migliori cartucce piazzando una tripletta iniziale davvero notevole, che vale da sola l’acquisto del disco, tre brani di alto livello su cui probabilmente si fonderanno i live shows del gruppo per parecchio tempo. L’iniziale “Hide And Weep” cattura subito l’attenzione col suo incedere lento e marziale prima di aggredire, travolgere e opprimere l’ascoltatore in un atmosfera cupa e disperata, per poi farlo perdere in uno spazio siderale in cui i punti di riferimento sono pochi ma essenziali; l’inizio della successiva “No Land Toward The Sea”, melodico e sognante, ricorda facilmente i Cult Of Luna, ma poi un riff avvolgente e claustrofobico arriva a spazzare via ogni rimando alla band di Umea per costruire invece l’ossatura di un brano che a conti fatti si rivela essere il più immediato e fruibile dell’opera. Tutt’altro tipo di pezzo è invece “Bury Them In Dust”, nella quale spicca un’ottima prova vocale, comunque sofferente ed emotiva in tutto il disco: l’anthem ossessivamente ripetuto nel brano, accompagnato da crescendi sonici angoscianti, è una delle cose più nichiliste e disperate sentite negli ultimi tempi.
“Light Release” e soprattutto la strumentale “End Of A Kingdom” mostrano il lato più intimistico dei Rise Above Dead e, pur essendo dei buoni pezzi, risultano meno immediati anche dopo numerose fruizioni, comunque necessarie per riuscire ad assimilare al meglio questo disco. Stellar Filth è infatti un album che acquista sempre maggiore consistenza col passare degli ascolti, caratteristica assolutamente positiva ma potenzialmente rischiosa considerando l’impazienza dell’ascoltatore medio moderno. Anche senza considerare ciò, resta il fatto che forse l’unica mancanza del quintetto milanese (ma proprio per essere pignoli) è una maggiore capacità di sintesi, che avrebbe potuto consentirgli, tenendo leggermente più basso il minutaggio complessivo, di aumentare ancor di più l’accessibilità ma soprattutto la qualità complessiva di un lavoro comunque molto ampiamente sopra la media. Non stiamo parlando ovviamente di eccesso di parti atmosferiche o di eccessiva lunghezza dei brani, anzi (solo in un caso i ragazzi superano i sette minuti e mezzo), semplicemente riteniamo che si sarebbe potuto “limare” qualcosa qua e là, o sviluppare diversamente certi momenti in cui sembra che la band si dilunghi. Non è un caso infatti che la splendida “A Thousand Thorns”, gemma posta in chiusura, e la già citata “No Land Toward The Sea” siano i brani in assoluto di maggiore impatto, forse perché tradiscono anche il passato dei Rise Above Dead (in Human Disintegration erano molto più presenti elementi sludge e –core).
Stiamo comunque parlando di dettagli, Stellar Filth è indubbiamente un disco d’esordio molto più che promettente, che consacra i Rise Above Dead come realtà già stabile nel panorama nazionale, oltre che potenzialmente molto competitiva a livello internazionale: i margini di ulteriore miglioramento ci sono tutti, così come le premesse per una costante evoluzione. Questi ragazzi, oltre a comporre ottimi pezzi che, una volta assimilati, fanno fatica a uscire dalla testa, hanno un’evidente personalità e un sound riconoscibile per quanto non totalmente “unico”: in futuro potrebbero regalarci grandi soddisfazioni e potenziali capolavori, ma intanto ci accontentiamo di un ottimo disco partorito da un’ottima “nuova” band. Non è poco, in questi tempi.
7.5
I will let you disappear – In silence.