(Metal Blade, 2012)
1. Make It Bleed
2. Hate Creation
3. (Cult)uralist
4. I, Dementia
5. Section 8
6. Faces
7. Dead Silence
8. The Night Remains
9. Devoid
10. Possibilities Of An Impossible Existence
Tagliando il traguardo del quarto full-length (il terzo per Metal Blade) i deathcorers Whitechapel sembrano voler reclamare a tutta voce la loro leadership all’interno della scena death metal/hardcore mondiale e, data la piattezza delle produzioni pubblicate dalle band concorrenti, ci sentiamo di appoggiare la band nel proprio intento.
Il sestetto del Tennessee a sei anni dalla nascita vanta un rapporto costanza/qualità delle proprie produzioni assolutamente invidiabile (senza contare il trascurabile EP Re-Corrupted uscito lo scorso anno), grazie ad un esordio come The Somatic Defilement (Siege of Amida Records, 2007), nel quale la band presentava un death metal moderno e iper-pesante, nel quale si rincorrevano soluzioni in bilico tra il sound dei belgi Aborted, la componente gore-grind dei Carcass e richiami alla scuola deathcore in stile Despised Icon. Il debut album servì poi a gettare le basi delle produzioni future della band (ovvero This is Exile del 2008 e A New Era of Corruption del 2010), che videro scomparire la componente gore-grind in favore di un death metal tecnico ed affilato colmo di soluzioni ritmiche in stile Meshuggah, oltre ad un inspessimento dei richiami alla scuola –core che donavano freschezza al prodotto.
Con il nuovo ed omonimo album i Whitechapel sembrano volersi scrollare di dosso parte dei riferimenti alla scena hardcore alla quale sono stati relegati nel corso della loro carriera, e con la traccia d’apertura “Make it Bleed” sembrano riuscire nell’impresa, presentando tutti quegli elementi che hanno contribuito a creare il sound della band: chitarre soliste ipnotiche, ritmiche figlie di quel sound cyber in bilico tra Meshuggah e Fear Factory e la continua alternanza tra riff serrati e partiture mid-tempo, mentre il tutto viene condito dalle atmosfere apocalittiche che la band disegna dall’acclamato This is Exile. A dar mano forte alla già citata opener ci pensa “Hate Creation”, e per tutta la prima parte del disco i giochi proseguono alla grande: “(Cult)uralist” è uno schiaffo in pieno viso, mentre le altrettanto efficaci “I, Dementia”, col suo incedere lento dal sapore apocalittico/catastrofico, e “Section 8” (già presentata come unico inedito dell’EP dello scorso anno) fanno il punto su quello che sono i Whitechapel di oggi, riproponendo, sostanzialmente, gli elementi di cui sopra.
I primi nei di questa produzione iniziano ad intravedersi all’inizio della seconda parte della tracklist, nella quale non tutti i brani godono della stessa efficacia, intervallando riff e ritmiche interessanti ad altre più scialbe e scontante, pur mantenendo un lavoro di guitar-layering (grazie alle tre chitarre di Alex Wade, Ben Savage e Zach Householder) intelligente ed in grado di mantenere questa produzione a livelli sempre buoni.
In conclusione il combo di Knoxville, con un disco di fattura più che buona nella prima parte della tracklist, ma non altrettanto valido nella seconda parte di quest’ultima, ottiene un punteggio comunque discreto. Forse la fretta nell’adempiere ai doveri contrattuali ha giocato loro contro, ma ci sentiamo di dire che i Whitechapel non rappresentino assolutamente una delusione, anche se il forse in questa occasione hanno tradito in parte le aspettative.
7.0