(Relapse Records, 2012)
1. Parsonz Curse
2. Whispering Worlds
3. Shake And Shift
4. No Good
5. Blue
6. Sleeping Witch
7. South Of Somewhere
8. Drown
9. Black
10. Water Vision
Ultimamente facciamo sempre più fatica a seguire le logiche della Relapse Records, ma abbiamo imparato a fidarci: da sempre la nota etichetta sa anticipare mode, interpretare al meglio le tendenze musicali dominanti e scoprire nuovi talenti, oltre a promuovere sia futuri cavalli di razza sia solide realtà in campo metal estremo e / o sperimentale. Questi Royal Thunder però hanno solo pochi elementi in comune con altri compagni d’etichetta (giusto una vena southern rock tipica dei grandi Baroness e dei loro mediocri emuli prodotti dalla stessa label), e si rivelano essere un’interessante mosca bianca, nonostante ci sfugga la motivazione della loro presenza in un roster sì eterogeneo ma non così tanto; la prima spiegazione che ci può venire in mente è che qualcuno in casa Relapse si sia innamorato della splendida voce di Mlny Parsonz.
E’ proprio la prestazione vocale della cantante / bassista la prima cosa che risalta ascoltando le prime tracce di questo CVI. La versatile ugola della Parsonz si dimostra perfetta per accompagnare la miscela stoner / psychedelic rock partorita dalle chitarre di Josh Weaver e Josh Coleman, passando con agilità da una voce acida e graffiante, usata comunque solo in rari momenti come nella breve “Whispering World”, ad un timbro caldo, avvolgente e a tratti davvero seducente: sfidiamo i maschietti a restare indifferenti al mantra ripetuto più volte nel finale dell’opener, che non a caso si chiama proprio “Parsonz Curse”. La voce di Mlny è decisamente la marcia in più dei Royal Thunder, l’elemento che alza esponenzialmente il gradimento nei confronti di questo disco.
Non che la musica in sé sia di scarsa qualità: in molti pezzi si resta facilmente ipnotizzati dalle trame psichedeliche che la band è capace di costruire, certi riff si memorizzano già dal primo ascolto, rendendo brani come “Shake And Shift” o “Blue” dei bei “viaggi” da effettuare a occhi chiusi, che funzionerebbero molto bene anche senza la voce della cantante, nonostante siano lunghi nove minuti. Proprio così, nove minuti: i suddetti brani sono i più lunghi del lotto, ma la durata media delle canzoni si aggira comunque sui sei minuti, per un totale di un’ora di musica distribuita su dieci tracce. Non poco.
Sta proprio qui l’unico vero difetto di CVI, che per il resto è un disco azzeccato, godibile, a tratti divertente nelle sue parti più concitate (“South Of Somewhere”) e in altri momenti rilassante grazie a parti atmosferiche sognanti, in cui ci si lascia cullare con estremo piacere dalle plumbee chitarre e dalla voce della Parsonz. Riteniamo che con una durata complessiva più ridotta, sui quaranta minuti ad esempio, l’album avrebbe aumentato la sua fruibilità, ma anche così siamo davanti ad un lavoro piacevole che si fa ascoltare diverse volte. Date una chance ai Royal Thunder.
7.0