A pochi giorni di distanza dal concerto dei Rosetta, torniamo al Voodoo Club di Comacchio per un evento abbastanza differente ma per i nostri gusti comunque molto interessante: è la serata del Circle Fest 2012, che vede come headliner i Defeater, formazione americana che sta raccogliendo sempre più consensi (e imitatori…) nel panorama hardcore moderno, grazie a quell’appeal “malinconico” già esplorato da un gruppo come i Carpathian ma consacrato a livello internazionale forse proprio dai ragazzi di Boston, anche grazie all’ultimo, emblematico Empty Days & Sleepless Night, uno dei migliori dischi usciti l’anno scorso. C’era grande attesa dunque da parte nostra verso lo show dei Defeater (l’anno scorso non riuscimmo a vederli quando passarono in Italia), ma la serata ha riservato anche qualche graditissima sorpresa. Ci scusiamo con le band che hanno suonato in primissima serata, ovvero 26thousandyears, Breakfast Wine e Fall Of Minerva, ma siamo arrivati solo quando quest’ultimi stavano concludendo il loro show…
Defeater + Former Thieves + Code Orange Kids
Voodoo Club, San Giuseppe di Comacchio (FE)
18 / 07 / 2012
CODE ORANGE KIDS
Ammettiamo subito le nostre colpe: avevamo sentito poca roba dei Code Orange Kids, e probabilmente pure con scarsa attenzione. Ma d’altro canto era da tempo che non giungevamo totalmente impreparati ad un live show, dimenticandoci così quanto sia bello ogni tanto essere totalmente sorpresi da una band fino a poco prima sconosciuta, per provare le stesse emozioni che, sempre più raramente, ci prendono quando ascoltiamo un disco comprato totalmente “a scatola chiusa”. E così, i Code Orange Kids sono stati per noi una vera rivelazione; sono bastati pochi secondi a questi giovani ragazzi per travolgerci con il loro hardcore violento e totalmente no compromise, che mescola elementi old school ad altri più moderni, senza mai però cadere in fascinazioni “modaiole”. Anche on stage, come su disco (ci siamo fiondati a recensire Cycles poco tempo dopo questo show), la band bada chiaramente alla sostanza, riducendo ai minimi termini le pause e le interazioni col pubblico e lasciando parlare la propria musica, percuotendo i presenti (davvero un buon numero di persone) con le loro bordate di violenza inaudita. Da segnalare su tutto la prova assolutamente superlativa del batterista, personaggio alquanto pittoresco che suona indossando solamente i boxer e muovendosi come un dannato, dividendosi tra le pelli e il microfono accanto a lui, assumendo di fatto il reale ruolo di frontman. Gli altri fanno il loro in un frenetico movimento catartico, suonando con passione e trasporto, intervenendo (almeno i due chitarristi, uomo e donna) anche ai microfoni in un canto corale che non lascia scampo all’ignaro ascoltatore. Probabilmente i quattro avranno suonato una mezz’oretta scarsa, ma a noi è sembrato davvero che tutto finisse in un attimo, tanto eravamo coinvolti e disorientati a fine show; non vediamo davvero l’ora di rivedere i Code Orange Kids di nuovo all’opera.
FORMER THIEVES
I principali supporters dei Defeater dovevano essere gli All Teeth, ma la band si è sciolta poco prima dell’inizio di questo tour e dunque a rimpiazzarli ci sono gli americani Former Thieves, quartetto proveniente dallo Iowa che ha dato alle stampe nel 2011 il full-length di debutto The Language That We Speak. I ragazzi vorrebbero proporre una sorta di hardcore “evoluto” d’impatto e non grezzo, ma ci sembra che, per quanta buona volontà ci mettano, sia in studio che sul palco raggiungano l’obbiettivo soltanto a metà. C’è un un buon numero di persone a sostenerli, e molti sembrano convinti della prova energica offerta dai Former Thieves soprattutto nelle vesti del “carico” frontman, tuttavia alla lunga il loro show risulta abbastanza stancante anche per gli aficionados. A noi sostanzialmente il loro sembra un sound abbastanza derivativo, e la loro esibizione ci diverte per i primi dieci – quindici minuti, poi però preferiamo sederci e lasciarci andare agli sbadigli senza troppi sensi di colpa, con buona pace dell’impegno profuso da questi quattro ragazzi. C’è ancora da lavorare.
DEFEATER
E’ giunta l’ora dei eroi della serata, e i Defeater non si fanno attendere troppo, salendo sul palco senza troppi convenevoli e attaccando subito con “The Red, White And Blues”, opener di Lost Ground, EP che, nella discografia come nell’effettiva evoluzione musicale della band, funge da “ponte” tra Travels e Empty Days & Sleepless Nights. Quest’ultimo viene letteralmente saccheggiato dalla band, che pesca (per la nostra gioia) la maggior parte dei pezzi della scaletta proprio da quel discone che sta davvero facendo la fortuna di Derek Archambault e soci. A proposito di Derek, è proprio l’imponente frontman l’unico elemento che ci ha sorpreso in negativo: com’era comunque immaginabile, la sua voce dal vivo ha una timbrica e un’impostazione molto più hardcore, perdendo così buona parte della grande espressività ed emotività che caratterizzano fortemente le tracce dell’ultimo album. Non è certo un difetto così grave, anche perché come già detto era un aspetto preventivabile, ma è un dato di fatto che i pezzi più vecchi vengano riproposti con una fedeltà maggiore dai Defeater. La voce di Archambault però non delude quando arriva il momento tanto atteso quanto comunque sorprendente, trattandosi questo di un concerto hardcore: circa a metà concerto, tutti i membri della band escono a parte il cantante, che imbraccia la chitarra acustica e si lancia in una “I Don’t Mind” cantata con convinzione anche da buona parte della platea. Fa un po’ sorridere vedere nerboruti hardcore kids carichi di tatuaggi e piercing cantare i versi di una canzone tanto spudoratamente romantica e sdolcinata, ma anche questo è un live show dei Defeater, e loro son tanto bravi anche per questo. Segue una riproposizione di “But Breathing” suonata anche dal resto della band, e poi i cinque ricominciano a proporre una hit dopo l’altra, suonando in maniera che ci è sembrata sempre impeccabile, chiudendo dopo una quarantina di minuti tra tanti applausi e richieste di bis: anche stavolta, la band non si fa attendere e dopo meno di un minuto torna sul palco per chiudere con “Cowardice”, per la gioia degli appassionati nelle prime file. Proprio sul pubblico vogliamo esporre una piccola nota conclusiva: ma che è successo all’hardcore da queste parti? Certamente i Defeater non sono un gruppo che possa creare un gran “casino” da moshpit, ma è comunque strano vedere che solo le prime due file hanno partecipato attivamente allo show, lasciandosi coinvolgere e cantando praticamente tutti i pezzi, mentre il resto della gente è rimasto pressoché immobile. Chi scrive non è mai stato uno scalmanato sotto il palco (a parte un paio di doverose eccezioni), ma una volta ai concerti di questo tipo doveva sempre stare attento a gomitate o quant’altro. Sarà stata anche l’impostazione della band in questione, ma ci sembra che in generale l’entusiasmo si stia affievolendo parecchio, ed è un peccato, perché soprattutto in queste zone d’Italia è sempre stato un piacere ed un divertimento assistere ad un live hardcore.
Nessuna colpa, in ogni caso, hanno i Defeater, che si sono resi protagonisti di una prova molto buona e convincente, dimostrando anche sul palco che si meritano tutte le belle parole che sono state spese e si stanno spendendo su di loro negli ultimi tempi; e per una band hardcore, per quanto deliziosamente atipica come quella in questione, la prova del palco resterà sempre la più importante. I Defeater ci piacciono tanto perché sono abilissimi nel fondere l’impetuosità dell’hardcore con la capacità di emozionare propria del migliore screamo e post-hardcore (prendete queste definizioni con le pinze): siamo contenti di aver avuto prova della loro efficacia anche dal vivo, continueremo a seguire con interesse le vicende di questa band, aspettando nuove conferme in studio e nei prossimi tour.
SETLIST:
The Red, White And Blues
Dear Father
Warm Blood Rush
Blessed Burden
Cemetery Walls
I Don’t Mind
But Breathing
No Kind Of Home
Waves Crash, Clouds Roll
Empty Glass
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Cowardice