(2012, Pelagic Records)
1. Old Widow’s Gloom
2. Athena
3. Iron Chest
4. Boundless Void
5. Eyes In The Night
6. Brimstone
7. Catharsys
8. Silver Decay
9. Shattered
10. Teal Trail
Gli Earthship sono una band relativamente nuova, sorta per mano di Jan Oberg e Robin Staps, rispettivamente primissimo batterista e mastermind degli ormai arcinoti The Ocean. I ragazzi berlinesi si stanno espandendo a macchia d’olio all’interno della scena, visti i molti side-projects ai quali si stanno dedicando negli ultimi anni; questi Earthship sono forse tra i più interessanti, grazie alla loro riuscita miscela di sludge e post-metal che non brilla certo per originalità, ma regala diverse soddisfazioni. Nati soltanto due anni fa, i quattro hanno già dato alle stampe un album di debutto piuttosto godibile, Exit Eden, e si apprestano ora a far uscire la loro seconda fatica, che prosegue sulla strada intrapresa dal precedente full-length.
Parliamoci subito chiaro: gli Earthship sono quanto di più derivativo possiate ascoltare oggi in ambito post-metal. Non inventano niente, non rielaborano più di tanto, semplicemente si limitano a proporci la loro versione di un genere ormai collaudato e forse anche un po’ stantio. Il punto è che lo fanno bene: Iron Chest è un disco che, nonostante una certa ripetitività di fondo, non stanca e sa divertire.
Ma andiamo per gradi: l’influenza della band madre (quei The Ocean partiti da un postcore abbastanza violento e finiti poi su lidi più progressivi) c’è e si sente un po’ in tutti i pezzi, tanto in quelli più “pestati”, quanto in quelli più atmosferici. Ma i veri numi tutelari degli Earthship sono i gruppi appartenenti alla ormai nota scena di Savannah, città della Georgia da cui provengono molte delle band più interessanti uscite negli ultimi anni; in particolare, ad aver esercitato un’influenza particolare sui quattro berlinesi pare siano stati i sempreverdi Mastodon. La loro impronta risiede praticamente ovunque in questo disco: prendete l’opener “Widows Gloom”, oppure “Iron Chest”, e gli echi di dischi come Remission e soprattutto Leviathan vi appariranno subito evidenti. E con loro spunteranno anche i Baroness, i Torche – nelle voci pulite e nei frequenti break melodici – e in generale tutto lo sludge che vi possa venire in mente (Crowbar e Down su tutti). A tutto questo gli Earthship aggiungono passaggi molto groovy (certi riff mi hanno ricordato abbastanza nitidamente i Pantera), influenze più tipicamente post-metal (i Tephra) ed inserti atmosferici (l’ottima “Boundless Void”, “Shattered” e “Silver Decay”). Insomma, un bel meltin’ pot, per niente originale ma in fin dei conti soddisfacente, grazie all’ottima prova di tutti i musicisti: vocals negli standard del genere ma piuttosto efficaci, chitarre potenti e sempre sul pezzo (a volte sembra di risentire i primissimi – e decisamente più interessanti – The Ocean), sezione ritmica solida e compatta. Niente di memorabile, ma nel genere ha il suo perché.
Insomma, se cercate un gruppo originale o innovativo evitate ad ogni costo gli Earthship; se invece siete soltanto alla ricerca di un disco divertente e ben suonato procuratevi questo Iron Chest: nella sua semplicità saprà darvi diverse soddisfazioni.
6,5