(Heretic Visions Productions, 2011)
1. Paradise;
2. While You Were Dead;
3. Empty Eyes;
4. Impact;
5. Mourning Sun;
6. Frozen Mirror;
7. Public Violation;
8. Forsake;
9. Spread Your Wings;
10. Screams
Album d’esordio per questa band tedesca – già autrice di due EPs usciti rispettivamente nel 2009 (Strike Your Idols Down) e nel 2010 (At Sanity’s Dawn) – che ci propone una specie di death melodico con influenze thrash metal, qualche divagazione totalmente fuori dall’ambito della musica estrema e una buona dose di metalcore.
Il nome scelto richiama subito alla mente la storica canzone degli Asphyx e, stando alla dichiarazione di Stephan Fimmers dei Necrophagist, questo dovrebbe essere un disco dalle ottime qualità in quanto “Metal how it Should be! Straight Into your Face…!”. Di conseguenza, tutto mi aspetterei tranne che un album moscio, stereotipato e senza mordente. Immancabilmente, però, è proprio questo che ricevo: canzoni che si dilungano terribilmente senza alcunché che possa dare uno scossone all’ascoltatore per svegliarlo dal torpore verso il quale le canzoni dei Vermin lo invitano; songwriting piatto e banale e altri aspetti che potrebbero essere tranquillamente riassunti con la parola “noia”.
Bisogna riconoscere però come i nostri ogni tanto tentino di cercare altre vie, anche se in malo modo. In “Empty Eyes” e in “Frozen Mirror”, ad esempio, si tenta l’azzardo di uno stacco acustico che vorrebbe avvicinarsi agli Opeth; “Public Violation” ci mostra il lato più “spinto” del gruppo, e forse è proprio l’episodio più riuscito grazie ai suoi ritmi sostenuti e alla sua breve durata che non permette di riciclare un riff o un ritornello all’infinito; in “Mourning Sun” si assiste ad un improvviso passaggio di chitarra funkeggiante, ma il risultato è alquanto ridicolo. Ovviamente non si mettono in discussione le capacità tecniche dei singoli membri del gruppo (anche se il cantato è davvero inespressivo), ma il loro potenziale nel creare brani che possano mantenere alto il livello d’attenzione di chi ascolta; probabilmente questi quattro ragazzoni tedeschi hanno tentato di rifarsi alla scena svedese dei primi anni ’90, ma, in primo luogo, non ci sono riusciti e, in secondo luogo, questo non è un motivo valido per infarcire il tutto con partiture stra-abusate molto vicine al metalcore che rendono il tutto ancora più fiacco.
A questo punto viene da chiedersi cosa abbia effettivamente ascoltato Stephan Fimmers, e cosa potrebbe dire di un album dei Revenge.
Voto: 4.