Avete presente quanto è lontano nel tempo il 1994? Per intenderci, in Italia non era ancora arrivata la prima Playstation, Silvio Berlusconi era appena stato eletto premier per la prima volta e i Refused suonarono a Bologna. Quattro anni dopo uscì The Shape Of Punk To Come, manifesto e capolavoro di una band essenziale nella storia della musica, che poi si scioglierà probabilmente consapevole della propria incapacità di andare oltre e dell’incapacità del mondo di comprendere quel disco. Nel frattempo il “punk che verrà” non è mai arrivato, tanti gruppi sono stati influenzati da quel disco e hanno provato ad avvicinarsi alla sua perfezione, ma The Shape Of Punk To Come è ancora attualissimo, modernissimo e ugualmente perfetto. Non vorremmo dilungarci troppo in “prediche” (anche perché è sempre il solito discorso, che potremmo replicare parlando di Sleep o Nasum, solo per citare alcune reunion di quest’anno), ma è strano sentire gente che, fingendosi scandalizzata, afferma che questa del 2012 sia solo l’ennesima “reunion per soldi” da parte di un gruppo che “faceva meglio a lasciare intatto il proprio mito” o cose simili. Chi scrive nel 1994 era un bambino, che come tanti altri sarebbe cresciuto in un decennio fatto di Playstation e Berlusconi e che un giorno avrebbe scoperto di essere nato terribilmente in ritardo per vedere dal vivo certe band scioltesi anzitempo. Quindi alla fine i discorsi “d’attitudine” possono anche andare a farsi fottere, come si può perdere l’occasione di gustarsi dal vivo certi brani suonati dai Refused in carne e ossa? E va bene, trenta euro saranno anche tanti, ma se preferite risparmiare i soldi per l’iPhone 5 o per la prossima Playstation (che poi tanto la prima è sempre la migliore) piuttosto che per andare ai concerti e comprar dei dischi, tenetevi i vostri trenta euro e risparmiateci i discorsi da duri e puri. Amen.
REFUSED
Estragon, Bologna
07 / 10 / 2012
Purtroppo, l’Estragon non è così pieno com’era lecito aspettarsi e questo non fa altro che accrescere i timori del sottoscritto, che si aggira per la sala cercando “il punto giusto” divorato dai dubbi e dai (pre)giudizi espressi da quelli che “io li ho visti là, che noia” e “ma vai a spendere trenta euro per loro?”. Non aiuta poi la lunga “intro ambient” che parte alle 22 e va avanti per dieci minuti buoni, contribuendo a spazientirci e a far crescere la paura di un’imminente delusione feroce. Poi all’improvviso si accendono le luci, il grande tendone cade al suolo ed ecco, i Refused sono lì, su un palco tante volte visto che suonano pezzi tante volte ascoltati, ma tutto questo non basta per fugare i nostri dubbi: restiamo lì, in guardia, sospettosi perché condizionati da pareri altrui, ad aspettare l’errore, a pensare le peggiori cose da scrivere in questo live report. Alla fine però vincono loro, e se anche proviamo a resistere a “The Shape Of Punk To Come” e, a fatica, alla successiva “Refused Party Program”, quando parte “Liberation Frequency” l’adolescente che è in noi viene fuori prepotentemente, ci stampiamo un sorriso ebete sulla faccia e non possiamo fare a meno di ritrovarci rapiti nel concerto. Certo, qualche lato negativo si può trovare: al di là dei suoni, mai esplosivi come forse ci si sarebbe aspettati, si potrebbe osservare che i quattro strumentisti non si sono mossi granché “limitandosi” a suonare alla perfezione (notevole in particolare la prova di Sandström), ma d’altronde è difficile mettersi in mostra quando a rubare la scena c’è un incredibile animale da palco come Dennis Lyxzén, naturalmente dotato di una grandissima capacità di attirare l’attenzione e di polmoni inumani. Lyxzén canta, urla, salta, si agita tantissimo e danza, balla tanto che non ci saremmo quasi stupiti se fosse comparso sul palco Bob Rifo per fare “Church of Noise” con lui. Ci saremmo volentieri risparmiati i sermoni ideologici sulle Pussy Riot, sul messaggio dei Refused che in Nord Europa non viene capito ma che noi italiani possiamo facilmente capire, oltre che le banalità sulle parolacce nella nostra lingua, ma in fondo almeno una volta è riuscito a strapparci una risata (“Ho visto che ci sono nostre magliette non ufficiali fuori dal locale… Wow, vuol dire che siamo una vera band!”) e alla fine dei conti fa tutto parte del pacchetto. E poi quando i cinque svedesi lasciano parlare solo la propria musica non si può fare alcuna critica: l’avrete capito, siamo schifosamente di parte, ma qualunque fan dei Refused e dell’hardcore punk più “visionario” non può trovare lati negativi in una scaletta che saccheggia ampiamente The Shape of Punk To Come (lasciando giustamente poco spazio agli altri dischi), in una prestazione corale ottima e una personale (quella di Lyxzén ovviamente) assolutamente superlativa, in un concerto che a tanti ha dato la sensazione di tornar ragazzini. Pazienza poi se certe cose risultano prevedibilissime: finita “Worms Of The Senses / Faculties Of The Skull” i cinque se ne vanno, salvo poi rientrare ovviamente per eseguire “New Noise”, il cui anthem, cantato a squarciagola da tutti, ha ancora un senso vivissimo dopo così tanti anni. Dopo “Tannhäuser / Derivè”, posta come chicca finale, è passata un’ora e un quarto circa, e il concerto è già finito: qualcuno si lamenta della scarsa durata accostando la cosa al prezzo del biglietto, ma non si può dire a questi cinque quarantenni svedesi di non aver “dato tutto”, e soprattutto la sensazione che hanno dato i Refused questa sera, soprattutto a pensarci pochi giorni dopo, è qualcosa che molti considereranno impagabile. Al prossimo che vi dirà “massì, li ho visti là e non è che fossero stati un granché” ricordate di rispondere che a Bologna hanno semplicemente spaccato. Non sarà una verità assoluta, ma tanto chi non c’era avrà sempre torto.