(Broken Spine Productions, 2012)
1. One Sense Alone;
2. Falling out of Your Head;
3. Dagdrøm;
4. Space Time & Absence
Nadja, un nome che farebbe impallidire qualsiasi recensore e collezionista vista l’incredibile prolificità di questo progetto: nel giro di dieci anni il duo canadese ha dato alla luce qualcosa come più di venticinque full length (alcuni frutto di collaborazioni con diversi artisti come Atavist, OvO o Pyramids), una decina di EP e all’incirca altrettanti split fra cui possiamo ricordare quelli con Kodiak (il cui ultimo disco è recensito anche in queste pagine), Methadrone, Moss e A Storm Of Light. Il tutto ovviamente passando per un’infinità di etichette più o meno conosciute come Profound Lore Records, Alien8 Recordings, Hydra Head Records e ancora Denovali Records, giusto per citarne alcune. Per fortuna però il nucleo del gruppo è composto da due sole persone che rispondono al nome di Aidan Baker, che si occupa della maggior parte degli arrangiamenti e che coltiva anche un proprio progetto solista di cui vogliamo ricordare l’ottimo Liminoid/Lifeforms, e di Leah Buckareff per quanto riguarda il basso e alcune vocals. Diventa praticamente impossibile fornire una panoramica completa ed esaustiva dell’evoluzione di Nadja, ci limiteremo perciò a fornire paragoni con le uscite maggiori e con quelle che una normale mente umana riesce a ricordare.
Dagdrøm è Nadja al cento per cento, malinconico e dal sapore autunnale, un disco perfetto per questo periodo dell’anno. In generale risulta più etereo rispetto ad alcune delle recenti uscite (la collaborazione con Vampilia ad esempio) e meno strettamente drone, poiché è accentuata la componente più onirica rispetto a quella strettamente metal. Tutto questo nonostante sia presente un batterista in carne ed ossa, ovvero Mac McNeilly dei The Jesus Lizard, che tramite partiture assai ripetitive ma molto semplici e di impatto riesce a dare ai brani una forma-canzone più marcata rispetto alle lunghissime e quasi impalpabili composizioni di un Body Cage, ad esempio. Dagdrøm risulta così quasi un album cantautorale, con il cantato di Aidan Baker sempre sulle righe che si inserisce perfettamente fra pesanti ritornelli, arpeggi di chitarra e strofe dall’incedere lisergico; queste soluzioni fanno pensare un po’ a certi passaggi di Skin Turns To Glass, uno dei migliori album del duo canadese, oppure alla bellissima cover di “No Cure For The Lonely” degli intramontabili Swans presente nel live Trembled di qualche anno fa, oltre che alla lezione di stampo shoegaze appresa dai migliori Slowdive, ampliata e filtrata attraverso il particolarissimo stile Nadja. In breve, sembra che i nostri abbiano deciso di puntare su soluzioni leggermente più fruibili con una forma canzone quasi completa, a volte addirittura con accenni di ritornello (“Falling Out Of Your Head” o “One Sense Alone”), mettendo un po’ in secondo piano l’anima più drone e ambient che li ha caratterizzati fino ad ora.
Nell’infinita marea di uscite targate Nadja, Dagdrøm non si pone sicuramente al primo posto e nemmeno sul podio dei tre migliori (fra i quali stanno sicuramente Body Cage e Radiance of Shadows), ma ha una propria personalità e qualche elemento inaspettato che lo rendono un buon disco, riscattando un po’ la nomea di Baker & Buckareff dopo due scivoloni come Dominium Visurgis o Fool, Redeemer. Speriamo solo che sia capace di superare la prova del tempo, cosa che ai Nadja non riesce troppo facilmente.
7.0