(Relapse Records, 2009)
1. Invokation
2. Tyrant Symmetry
3. The Invisible Mountain
4. Hatecloud Dissolving Into Nothing
Horseback esordisce in grande stile e non in pochi se ne sono accorti: uscito dapprima per Utech Records (Locrian, Aluk Todolo e Nadja fra gli altri) viene poi preso sotto l’ala protettrice della Relapse che ne cura la ristampa in cd e, successivamente, la Aurora Borealis (già al lavoro con Moss, Silvester Anfang e Guapo) decide di rendere disponibile The Invisible Mountain anche in versione vinilica limitata a poche centinaia di copie. Il motivo di tanto successo? Probabilmente il fatto che l’attenzione generale negli ultimi anni si sia canalizzata verso i sottogeneri del doom e verso soluzioni sperimentali non proprio ortodosse che spesso hanno fatto storcere il naso agli ascoltatori più tradizionalisti.
Fortunatamente il motivo di tanta risonanza non è dovuto solo alla mutevole attenzione dei fan, ma soprattutto all’oggettiva qualità di un progetto come Horseback. Jenks Miller, unico mastermind del progetto, riesce a fondere con una facilità disarmante un’enorme varietà di influenze: si parte da una profonda matrice stoner doom (sentire l’inizio di “Tyrant Symmetry” per esempio) e talvolta rock per arrivare a passaggi dal sapore decisamente più kraut e psichedelici (la conclusiva e splendida “Hatecloud Dissolving Into Nothing” o la ripetitività di alcuni riff) e ad una vaga reminiscenza più sozza ed estrema per quanto riguarda il particolarissimo cantato. “Invokation”, il brano posto in apertura, è l’emblema della semplicità, in quanto si basa su poche note di chitarra e un unico tempo di batteria con un paio di minime variazioni, ma nonostante ciò colpisce subito per la capacità che ha di avvolgere chi ascolta nel suo ritmo al punto di lasciare un vago sapore di amaro in bocca nel suo sfumare finale.
Dicevamo, dunque, anche di una grossa dose di stoner, verso quelle atmosfere calde e soffocanti (verrebbe da dire quasi afose) tipiche di gruppi come Electric Wizard o Earth a cui va comunque aggiunta qualche goccia di alienazione che può arrivare direttamente dagli OM e che può fare solo bene. Ma questo è solo un assaggio delle potenzialità del buon Miller: anche in questo caso, e come succederà nell’ultimo Half Blood, l’anima più dannatamente psych lotta con una forza tremenda per emergere e per ricevere ciò che si merita, svelandosi pienamente in “Hatecloud Dissolving Into Nothing”. Discostandosi leggermente da ciò che era già stato sperimentato in Impale Golden Horn e che sarà ripreso in Forbidden Planet e ancor di più dalla successiva, e purtroppo poco riuscita, collaborazione con i Pyramids, l’ultimo brano presente in The Invisible Mountain è una lunga, lenta e suadente litania che si sorregge esclusivamente su qualche fraseggio di chitarra acustica e cantato, giungendo ad un finale che strizza un po’ l’occhio al drone e alla malinconia di certo post- (rock).
Per tutti questi motivi si può considerare The Invisible Mountain come l’episodio migliore della discografia Horseback che, dopo varie sperimentazioni, ritroverà nuova linfa vitale nel suggestivo Half Blood uscito quest’anno.
8.0
[Questo articolo fa parte anche dello speciale dedicato a Pyramids & Horseback, disponibile qui.]