Si sa, le cose belle prima o poi finiscono: è il turno dei Verme, che la fanno finita in grande stile, simulando una specie di funerale alla loro ultima esibizione dal vivo, il 22 Dicembre al Lo-Fi di Milano. Ma andiamo con ordine: ai funerali non possono mancare gli amici, coloro con i quali hai condiviso passioni e percorsi, per questo motivo si esibiscono prima dei Verme i Do Nascimiento e gli Havah.
Verme + Havah + Do Nascimiento
Lo-Fi, Milano
22 / 12 / 2012
DO NASCIMIENTO
Do Nascimiento è una band di Genova con cui i Verme hanno rilasciato, insieme ai Gazebo Penguins, la loro ultima (in assoluto) fatica, lo Splittone Paura, dove le tre band suonano due pezzi ciascuno. Sono loro i primi ad esibirsi sul palco del Lo-Fi e a scaldare il pubblico con il loro screamo all’italiana intervallato dai due pezzi presenti nello Splittone, “Tombino” e “Amplificatore” che, con sonorità più quiete, si avvicinano di più al classico emocore d’oltremanica rispetto a quanto si poteva ascoltare sull’EP d’esordio omonimo. Malgrado l’acustica non sia delle migliori, e la voce del cantante poco distinguibile, la performance dei quattro genovesi ne risente ben poco, grazie anche al supporto delle prime file che, cantando a squarciagola ogni brano, partecipano scatenate all’esibizione.
HAVAH
E’ il turno degli Havah, progetto solista di Michele Camorani, noto per essere soprattutto batterista di La Quiete e Raein. L’ultimo album, Settimana, ha visto la partecipazione di Jacopo Lietti (Fine Before You Came e Verme appunto) nella stesura dei testi, rigorosamente in italiano, cambiamento consistente rispetto al disco d’esordio, Adriatic sea no surf, nel quale le liriche erano cantate in inglese e il suono risultava meno pulito. Ottimo il post-punk dalle sfumature dark proposto dagli Havah, tuttavia bisogna dire che rispetto ai Do Nascimiento la band di Camorani ha un approccio più freddo e meno trascinante e pure il pubblico, sebbene attento fino all’ultima canzone, non sembra conoscere i brani come per i primi. Tutto sommato, tecnicamente, l’esibizione è godibile, anche se c’è sicuramente qualcosa da migliorare nella presenza scenica, poco coinvolgente per chi non conoscesse bene la musica del gruppo.
VERME
Arriva il momento che tutti aspettano, il palco viene cosparso di fiori e lo stesso Lietti si presenta con uno di questi in bocca. I Verme sono un progetto parallelo, un supergruppo formato da elementi già impegnati con altre band (FBYC, Dummo, Hot gossip, Agatha) nato quasi per scherzo e di cui già si conosceva la breve durata: questo è ciò che spiega Lietti prima di iniziare l’esibizione. Pochi indugi, si parte con “Va tutto malone” e il pogo, che durerà per tutto il live, inizia a scatenarsi. Viene ripercorsa quasi tutta la breve discografia della band, raccolta in Vermica (contenente i pezzi già usciti nei due EP, Un verme resta un verme e Vai verme vai e nel sette pollici Bad verme), mancano solo i due brani dello Splittone Paura. Il tutto è contornato da un palco sempre pieno di fans pronti a gettarsi sulla folla in stage diving e a gridare a squarciagola tutte le parole dei testi; anche il batterista, Giacomo, suona in crowd surfing le note conclusive di “Figlio”, brano che chiude l’ultimo live dei Verme.
Nonostante la scena emo/screamo italiana goda di ottima salute, di certo sentiremo la mancanza dei Verme: la carica scenica, il cinismo produttivo da loro dimostrato e il loro modo di fare musica quasi per hobby ma in modo cazzuto non è qualcosa di facilmente rimpiazzabile. Questo concerto è stato qualcosa di speciale, che difficilmente sarà riproposto da altre band negli anni a venire: i Verme hanno chiuso un ciclo. I Verme sono morti e questo non era un concerto ma un funerale.