(Razor & Tie, 2013)
1. Put It To the Torch
2. Honor Never Die
3. Own Your World
4. The Language
5. Before The Fight Ends You
6. Indivisible
7. Dead Man Breathing
8. The Divinity Of Purpose
9. Nothing Scars Me
10. Bitter Truth
11. Boundless (Time To Murder It)
12. Idolized And Vilified
Hatebreed, se stiamo parlando di hardcore metallizzato il loro nome non può non essere sinonimo di garanzia, siamo convinti di questo. Non c’è certo bisogno di presentazioni per la band capitanata da Jamey Jasta, ormai da anni icona del metalcore sin dagli esordi nel 1997 quando con Sadisfaction is the Death of Desire si insediavano nell’olimpo di quel hardcore di matrice metal che si andrà ad evolvere anche grazie a quelli che saranno i capitoli successivi della loro discografia, meno legati ad un suono inizialmente troppo debitore a band come gli Entombed.
Sono una band che fa parlare di sé ad ogni uscita, e questo nuovo album non fa eccezione, essendo uno dei dischi più attesi di questo inizio 2013. Il suono non si discosta di un millimetro dagli standard della band del Connecticut, unendo sfuriate NYHC a passaggi metal tanto vicini a band come Slayer e Pantera. “Put it to the Torch” apre il disco con una violenza inaudita, e il mood arrabbiato e groovy sarà il filo conduttore di tutto l’album, una martellata in piena faccia che non lascia scampo, come raramente siamo abituati ad ascoltare in uscite che fanno clamore di certo non per la loro bellezza: Jasta e company non fanno prigionieri, non si scampa alla ruvidità e alla corrosività di “Own Your World”e “Dead Man Breathing”, i nostri dimostrano come si possa essere ancora convincenti senza cercare soluzioni atipiche e fini a sé stesse.
La produzione è tagliente ed esalta in maniera strepitosa i due axemen Lozniak e Novinec, il riffing è prepotente e ben si sposa con la solita verve decisa e irruente di Jamey Jasta; se a tutto questo uniamo il fatto che dietro il mixer ha lavorato Zeuss (Emmure, Madball, Terror) possiamo davvero affermare di essere di fronte ad un capolavoro come non se ne sentivano da anni. Elemento sempre più presente in quasi ogni traccia di questo The Divinity of Purpose sono le gang vocals, tanto in voga oggi ma che in un contesto vero e sincero come quello degli Hatebreed risultano essere solo un gustoso contorno che rende la proposta dei nostri ancora più convincente.
Per concludere l’analisi, possiamo affermare che l’ultima fatica targata Razor & Die / Nuclear Blast degli Hatebreed si riassume in un disco che lascia bellissime speranze per il futuro, chi aveva temuto una flessione negativa può tranquillamente mettere su questo album e ricredersi. “Who’s got more heart than you ? No one”: se avete amato “This Is Now” e “I Will Be Heard” (o più in generale il loro disco più rappresentativo, Supremacy) siamo felici di informarvi che qui troverete ben dodici potenziali sostituti agli inni intramontabili della Premiata Ditta Jasta, Beattie & Lozniak. Non c’è bisogno di aggiungere altro, fatelo vostro.
8.0