(Pavement Records, 2013)
1. Requiem For Us All
2. The Dawn Prayer
3. Obedience
4. The Silent Death Of Cain
5. Ivory Cage
6. Opiate For The Masses
7. Slaves Of Time
8. Icon Of A Dead World
9. Requiem To My Nation
10. Arise (sepultura cover)
A quasi cinque anni da Damned To Blindness, risalente al 2008, esce il tanto atteso nuovo full-length dei nostrani The Modern Age Slavery, intitolato Requiem For Us All. Era da parecchio tempo che speravamo nel ritorno di una delle migliori band che il nostro paese possa vantare, e le aspettative non sono state deluse.
Anche dopo un breve ascolto chiunque può rendersi conto di come questo Requiem For Us All sia di un altro livello rispetto al suo predecessore: mentre Damned To Blindness aveva un approccio maggiormente orientato verso il deathcore e poggiava su un sound ed una struttura più semplici e basilari, questo nuovo full-length dei TMAS propone un death metal più moderno, intenso e maggiormente articolato; un cambiamento che lo fa risultare più personale ed interessante. Requiem For Us All ha una struttura molto ben architettata e studiata: durante l’ascolto è possibile notare riff tipici dello swedish death metal, ovviamente in parte mascherati dal sound molto curato e scandito, pattern veloci e complessi e alcuni immancabili breakdown (se così volete chiamarli) contorti e spezza-collo tipici della band italiana. Ovviamente non dovete fraintendere, non stiamo parlando dei classici breakdown ultra inflazionati tipici di qualunque band metalcore, bensì di ritmiche complesse, imponenti e devastanti capaci di esaltare i sensi dell’ascoltatore. A tutto ciò la band ha provato ad aggiungere anche melodie più taglienti ed epiche, capaci di fornire un tono più tragico, quasi post-apocalittico al tutto.
Dopo questa analisi generale di Requiem For Us All entriamo più nello specifico: ad aprire le danze ci pensa la titletrack, uno dei pezzi meglio riusciti assieme alla fantastica “Obediance”, a mio avviso la traccia più completa ed esaltante dell’intero lotto. Si prosegue verso la fase centrale dell’album giungendo a “The Silent Death Of Cain”, che vede una collaborazione vocale da parte di Tommaso Riccardi (Fleshgod Apocalypse), e si continua poi con la potenza e la violenza notevoli di “Opiate For The Masses” e “Icon Of A Dead World”. In chiusura troviamo “Requiem To My Nation”, che funge quasi da outro, e infine una cover come nel precedente album (nel quale trovavamo “Wolverine Blues” degli Entombed): stavolta tocca a “Arise”, storico brano dei Sepultura.
A fine ascolto possiamo notare come sia nella composizione sia nell’esecuzione si senta fortemente l’impatto del batterista Reynoldz, il quale si mette spesso in evidenza con ritmiche ultra complesse e numerosi blast-beats, mostrando oltre che all’ottima tecnica anche una grande abilità creativa; registrato l’ottimo lavoro di Sym, Cocco e Mibbe nelle partiture di chitarra e basso eseguite, resta solo da fare un ultimo elogio anche a Giovanni Berselli, per l’ottima impronta vocale che riesce ad esaltare ancora di più i pattern più aggressivi ed imponenti.
I The Modern Age Slavery sono tornati in piena forma con un album di altissima qualità, che mette in mostra l’evoluzione maturata durante questi anni di attesa. Requiem For Us All conferma quanto di buono si è sempre detto su di loro e ripaga le aspettative che in tanti avevano su questi ragazzi, che senza alcun dubbio possono essere fieri del lavoro svolto.
7.5