(Debemur Morti Productions, 2013)
1. At the Edge of an Empty Horizon;
2. Bloodlines;
3. The Verge of Oblivion;
4. Snakes of the Old World;
5. The Plagues of a Coming Age;
6. Mouth of a Nation’s Harlots;
7. Boiling Heart of the North;
8. The Weight of the Fallen;
9. Below the Soils
October Falls è un progetto attivo da poco più di due lustri che fa capo al solo M. Letho e che raggiunge ora il traguardo del quarto album ufficiale; inizialmente nati come one man band dedita ad un malinconico folk acustico (Tuoni, Marras e successivamente Sarastus) sulla scia degli Ulver di Kveldssanger, con l’uscita di The Streams Of The End il leader M. Letho ha virato verso un black metal dalle forti tinte dark, allargando la formazione con anche basso e batteria, senza però mai perdere quel sapore folk e autunnale che è il vero valore aggiunto alla musica del gruppo.
Rispetto ai precedenti The Womb of Primordial Nature e A Collapse of Faith, in The Plague of a Coming Age si nota da subito una più marcata predilezione per la parte più relativa alla melodia, cui sottostanno anche le rare sfuriate e accelerazioni presenti. Si pensi ad un mix fra i Drudkh da Estrangement in poi e i primi Katatonia, due nomi di tutto rispetto per descrivere quelle che sono le caratteristiche degli October Falls: arpeggi lunghi e ripetitivi, tanta melodia, tempi cadenzati, vocals fra lo sporco e il pulito e un’atmosfera amena a base di uggiosità, malinconia e commiserazione. In generale la parte più metal viene sacrificata in favore di soluzioni più accessibili e più rockeggianti (“Mouth Of A Nation’s Harlots”), talvolta vicine a certi passaggi degli Shining post-Halmstad (si pensi alla titletrack “The Plague Of A Coming Age” o “Boiling Heart Of The North”) o che riportano all’orecchio sperimentazioni e influenze degli Agalloch. Fatte queste premesse purtroppo diventa inevitabile constatare come siano state accantonate le ascendenze più ulveriane (Bergtatt in questo caso) presenti in The Streams Of The End e i fortissimi richiami ai primi Drudkh di A Collapse of Faith, nonostante sia chiaramente percepibile come questo disco sia un tentativo di allargare i propri orizzonti musicali e compositivi.
Per chi scrive The Plague of a Coming Age risulta essere il primo vero e proprio tonfo nella carriera di M. Letho e degli October Falls. Ovviamente non tutto il disco è da buttare (“The Verge Of Oblivion” non è per nulla male nella sua “opethosità“), ma sia chi apprezzava il lato più folk del progetto sia chi ha esaltato la virata black metal di sei anni fa riterrà The Plague of a Coming Age più che un mezzo passo falso. Purtroppo l’ammorbidimento e la mancanza di mordente dei brani non hanno giocato a favore di quest’uscita.
5.5