(Season of Mist Records, 2013)
1. Counter Culture Complex
2. No; I’m In Control
3. Your Heartwarming Story Makes Me Sick
4. The Terror Pulse
5. The Promises of God
6. Romeo Must Never Know
7. Secret Vasectomy
8. Figure Your Life Out
9. Daeodon
10. Why Don’t You Just Quit?
11. Monomyth
Ken Mode: un nome, una garanzia? Ascoltando Entrench è davvero difficile dare una risposta, ammesso che si possa rispondere ad una domanda simile scegliendo tra le due opzioni o considerandole per forza come un binomio inscindibile. Vi chiederete: ma cosa diavolo vai dicendo? Non fraintendetemi, non sto vaneggiando. I Ken Mode rappresentano per me la perfetta sintesi di un intero filone musicale che va dall’hardcore al metal e accomuna tanti nomi di gruppi che ho amato e tutt’ora amo alla follia. Chiunque li stia seguendo da un po’ di tempo si sarà pur reso conto che nelle loro vene scorre sangue contaminato. Se cito i Kiss It Goodbye, i Today Is The Day o i Dazzling Killmen non vi viene in mente niente?
È anche lecito pensare che per gli ascoltatori che per ragioni anagrafiche o fortuite hanno conosciuto gli Unsane grazie a Visqueen o Wreck, piuttosto che i Botch o gli Harkonen a distanza di dieci anni dal loro scioglimento, tanto per fare un esempio, il trio canadese potrebbe rappresentare la rivelazione definitiva in campo post-hc e il modello futuribile per gli anni a venire. Dinamici, violenti e cattivi, ma soprattutto forti di una dura gavetta in giro per il mondo che li ha resi un nome di punta nel panorama emergente, il trio canadese ha dimostrato negli anni di saper metabolizzare e riproporre con intelligenza tutte le derive dei gruppi sopraccitati ed uscirne con un mix personale e vincente. Massimo rispetto dunque per chi ‘s’è fatto da solo’.
È solo che questa volta il loro nuovo disco, lungi dal lasciarmi l’amaro in bocca, mi sembra piuttosto insipido. Entrench, con tutta sincerità, non dice nulla di nuovo che già non fosse stato detto in precedenza. Ok, dietro al mixer c’è nientemeno che Matt Bayles e le sue mani sante lasciano un evidente segno in fase di produzione, e sì, in alcuni pezzi fanno capolino inattese e pregevoli aperture melodiche, eppure la massa di metallo fuso che i tre ci hanno propinato a partire da Mongrel (2003) fino a Venerable (2011) sembra questa volta solo un po’ più re-impastata e rimodellata rispetto al passato, senza che però dia vita a qualcosa di totalmente rinnovato nella forma.
Esclusa “Counter Culture Coplex”, un’apripista veloce ma neanche troppo incisiva, il disco raggiunge i suoi picchi con la triade composta da “The Promises of God”, l’oscura “Romeo Must Never Know” e la superba “Figure Your Life Out”, ma indugia in mid-tempo come “No; I’m in Control”, “The Terror Pulse” e “Daeodon”, che seppur degni di un furioso headbanging, appesantiscono il livello dell’intero disco rendendolo più monotematico che monolitico. Gli intervalli più dinamici sono invece affidati a schegge impazzite quali “Secret Vasectomy” e “Why Don’t You Just Quit?”, che però sanno di deja-vu se paragonate ad altre incluse nel vasto repertorio del trio. Bella invece l’ultima traccia, “Monomyth”, che invece di aggiungere altre tonnellate di travi ad un camion in corsa già sovraccarico, chiude il lavoro e ne smorza i toni tesi con un arpeggio malinconico che per fortuna non esplode sul finale come di norma ci si sarebbe aspettati. Che dire allora di un disco avaro di spunti innovativi? Certo è che di questi tempi quasi più nessuno si inventa nulla di nuovo. Non tanto per una questione di aridità creativa o necessità di mercato, ma perché già tanto è stato detto. Credo che i Ken Mode possano essere fondamentali per avvicinare le nuove generazioni ad un modo di suonare ed intendere la musica che continua ad evolversi da più di vent’anni, ma dovessi indicare un loro lavoro come esempio di questo fiume in piena che è il post-hc penso che non sceglierei Entrench, che mi suona piuttosto come un disco di transizione.
Ho risposto alla domanda iniziale? Forse sì, forse no. I giudizi sono personali e relativi, quindi andatevi a sentire Entrench e valutate voi se con questo disco i Ken Mode restino un nome e una garanzia o rifilino un doppione a chi si aspettava da loro una nuova prova di maturità. E a chi non ha capito nulla perché ‘arrivato in ritardo’ un semplice consiglio: prima di comprare Entrench rifatevi le orecchie con Mennonite e Venerable, tanto per cominciare.
6.5