(Autoprodotto, 2012)
1. Circle 7;
2. Phlegethon;
3. The wood of the self-murderers;
4. The harpies and the suicides
Con l’arrivo dell’autunno e l’inevitabile abbassarsi delle temperature forse non è proprio il periodo adatto per cimentarsi con i Windom Earle, ma andiamo con ordine: il gruppo è un trio di ragazzi proveniente da Pesaro formato da Marco Cesarini al basso, Davide Mazzoli alla batteria e Filippo Romagna che si occupa di synth, effetti e quant’altro mentre quello di cui stiamo per parlare è l’ep dello scorso anno, prima uscita ufficiale del gruppo.
Le coordinate sono facilmente individuabili: una fortissima base di psichedelia accompagnata da una sezione ritmica sempre sugli scudi e che non disdegna qualche passaggio più pesante à la Morkobot (il finale di “Phlegethon” ad esempio), il tutto rigorosamente in forma puramente strumentale, senza cantato. Scelta che risulta molto azzeccata in quanto quello che risalta è proprio la componente più psych. Così, se talvolta arriviamo fino ad echi degli Zu, probabilmente merito di linee di basso sempre in primo piano e non troppo convenzionali, in generale si sfocia spesso nello stoner più lisergico e fungino vicino ai lidi dei migliori Toner Low (sentire “Circle 7” in apertura per credere) e in momenti di psichedelia pura come nelle conclusive “The harpies and the suicides” e “The wood of the self-murderers”, dove uno stridente tappeto di effetti malsani ricorda da vicino i nostrani e poco conosciuti Cannibal Movie oltre che un certo tipo di colonne sonore di stampo settantiano.
Un bell’antipasto insomma, in cui a prevalere e ad essere meglio riuscite sono proprio le parti più psych su cui abbiamo posto l’accento. Speriamo in un futuro long playing in cui questa componente possa essere ancora sempre risaltata ed evidente, ma per ora non si può che fare i complimenti ai lynchiani Windom Earle.
7.0