(UDR Music, 2013)
1. Deadlock
2. No Way Out
3. Smear Campaign
4. No Surrender
5. Wrapped
6. Perfect Angel Eyes
7. Demon Code
8. Fight The World
9. One Falls, Two Rise
Thrash metal e modernità sono due termini che male si accostano vicendevolmente, in numerosi casi tenuti rigorosamente opposti dai creatori e musicisti di questa frangia del metal: del resto, si sa che per molti il meglio in questo ambito è stato creato e messo su disco nella seconda metà degli anni ’80, con buona pace di tutti i lavori, magari anche eccelsi, usciti successivamente. Gli Annihilator invece che, ci teniamo a precisarlo, hanno siglato il proprio esordio nel 1989 con il fondamentale Alice In Hell, sembrano aver sempre rifiutato questa politica, unendo sin dalle prime releases riff e tempistiche tipicamente “old school” a suoni e produzioni decisamente al passo coi tempi, creando tra i primi quel pesante impasto di techno-thrash rivolto al futuro, piuttosto che al passato.
Antesignani quindi di tutte le band metalcore e post-thrash che invadono oggi il mercato, la band di Jeff Waters torna in questo 2013 con Feast, nuova fatica rilasciata tramite UDR Music e platter che ci riconsegna una band ancora fresca, ma un po’ altalenante nel risultato finale. A parte gli esordi scoppiettanti ed il periodo di metà carriera corrispondente alla permanenza dietro al microfono di Joe Comeau, con il quale i canadesi hanno rilasciato alcuni dei loro lavori migliori, le uscite più recenti del combo erano risultate scialbe e piatte, prive del guizzo compositivo violento e serrato a cui eravamo stati abituati, dovute probabilmente anche alla costante instabilità della line-up che impediva al gruppo di trovare la coesione e l’affiatamento giusto per comporre ancora grandi canzoni memorabili. Sul nuovo Feast purtroppo non viene invertita la tendenza, ed escluso l’oramai fidato Dave Padden, alla voce ed alla seconda chitarra ormai da una decina di anni, anche in questo caso Waters ha deciso di sostituire la sezione ritmica con i nuovi session-men Mike Harshaw e Alberto Campuzano. Nel concreto, questa nuova formazione risulta piuttosto battagliera ed aggressiva, purtroppo però non completamente convincente lungo tutta la durata dell’album. Il terzetto iniziale è sicuramente dei migliori, facendoci sognare per i primi quindici minuti di musica: “Deadlock” non fa prigionieri con il suo riffing velocissimo, “No Way Out” concede qualche piacevole svarione melodico all’altezza del ritornello, mentre “Smear Campaign” torna a pestare duro e a rallentare un po’ i tempi. Le sorprese arrivano dalle tracce successive, con una “No Surrender” dall’incedere alternative che non avrebbe sfigurato affatto su un album dei Living Colour e la noiosissima “Perfect Angel Eyes”, ballad d’ordinaria amministrazione dove Padden, così come in diversi altri momenti, esagera un po’ con l’utilizzo di registri ed impostazioni vocali decisamente fuori dalla sua portata. Con gli ultimi tre brani si torna nuovamente a parlare di thrash nel senso stretto del termine, anche se in questo frangente non si riesce ad eguagliare l’ottima fattura delle canzoni poste in apertura.
In confronto a Metal ed Annihilator, il nuovo Feast è sicuramente più ispirato e convincente, mantenendo un livello medio in ogni caso decoroso e mai troppo scadente: preso di per sé, però, il lavoro non convince pienamente, dal momento che non basta inserire in tutto tre-quattro canzoni davvero belle in mezzo ad altrettanti fillers per realizzare un album che vada oltre la sufficienza.
6.5