(Agonia Music, 2013)
1. Black Rumination;
2. Becoming Host;
3. Ecdysis;
4. Glimlight Tourist;
5. Dx.;
6. Garden Chancery;
7. The Lazarus Chord;
8. The Shrike Screw;
9. Rx.;
10. Trace of God;
11. Harmonies in Cloud;
12. White Triptych
La mia tutt’altro che pachidermica memoria mi aveva fatto completamente dimenticare i Code, gruppo inglese che qualche anno fa riscosse un buon successo con il suo black metal di stampo decisamente progressivo e avantgarde, per cui mi occupo molto volentieri della loro nuova fatica intitolata Augur Nox. Approdati ora alla Agonia Records, i nostri hanno un passato fra le fila della Spikefarm Records (Moonsorrow e Reverend Bizarre fra gli altri) ai tempi degli esordi e della Tabu Recordings per l’uscita di Resplendent Grotesque.
Negli anni l’elemento più black metal, evidentissimo in Nouveau Gloaming, ha lasciato spazio a soluzioni meno ortodosse ma altrettanto efficaci, grazie all’impressionante duttilità vocale di un certo Kvohst (ex Dødheimsgard) e all’impronta inconfondibile dell’ex Ved Buens Ende Viper, che hanno contribuito in modo essenziale alla riuscita di quel Resplendent Grotesque che molti ritengono un piccolo capolavoro dell’underground. Ora questi due personaggi non fanno più parte del gruppo (Kvohst in particolare ha virato verso sonorità ancora meno convenzionali con i seppur ottimi Beastmilk e Hexvessel) e i dubbi prosperano: il risultato sarà una porcata oppure i Code mostreranno comunque una spina dorsale ben solida? Propendiamo decisamente per la seconda ipotesi. Pur mancando, quasi inevitabilmente, del carisma dei precedenti album, Augur Nox è un disco che prosegue la linea evolutiva intrapresa sin dal 2005: melodie vicine agli Enslaved di ultima generazione (“Glimlight Tourist” o “White Triptych”) e all’avantgarde di Vulture Industries e ultimi Borknagar, vocals (quelle di Wacian) che impallidiscono di fronte a quelle precedenti, ma che con queste sonorità non turbano affatto pur nel loro essere “convenzionali” e un approccio più catchy che, se all’inizio infastidisce un po’, alla fine non dispiace affatto.
Probabilmente non sarà ricordato negli annali della storia della musica, ma Augur Nox è un bel dischetto a cui dare più di una possibilità che ci mostra come, nonostante due dipartite davvero importanti, i Code siano riusciti comunque a mantenere un proprio trademark senza sedersi sugli allori.
6.5