(Southern Lord Records, 2013)
1. Humandemic (Noothgrush)
2. Jundland Wastes (Noothgrush)
3. Thoth (Noothgrush)
4. Drown In Revelation (Coffins)
5. The Wretched Path (Coffins)
Mazzate. La recensione dello split tra Noothgrush e Coffins potrebbe riassumersi in questa singola ma eloquente parola. Ma andrebbero comunque fatte alcune precisazioni, perché i pignoli – parlando di mazzate, appunto – farebbero distinzione tra quelle date sulla capoccia degli ascoltatori dalle succitate band in sede live, e quelle invece auto inferte sulle palle da chi, sperando in chissà quale rivelazione, s’è comprato l’ennesimo split tra due band sludge. Non voglio fare il guastafeste e per questo lascio a voi la scelta tra le due opzioni, vi anticipo solo che il disco si risolve in una mezz’ora di ritmi in slow-motion, riff al limite del dejà-vu e voci dall’oltretomba che nell’intento di far accapponare la pelle altro non fanno che solleticare la pancetta alcolica di Mike Williams.
I californiani Noothgrush, che qui giocano la parte dei veterani, ahimè non smentiscono i loro standard e sfoderano tutta la loro potenza ingolfando il lato A del disco con tre pezzi che, vista e considerata la loro vastissima discografia (infoltita in vent’anni da circa una dozzina di split), altro non sono che un piccolo cristallo di ghiaccio depositatosi sulla proverbiale punta dell’iceberg. La ricetta infatti è la stessa di sempre: velocità di crociera impostata sui 2km/h, chitarre granitiche e urla scartavetrate. Un universo tetro e fangoso che se ascoltato dal vivo coi suoni giusti sa avvolgere e stordire al punto giusto – ancor più con l’aiutino di qualche sostanza psicoattiva – ma che se ascoltato su disco lascia piuttosto perplessi, soprattutto dopo venticinque anni di uscite discografiche nel settore… Comunque tra i tre brani proposti sembra vincere a mani basse il secondo, “Jundland Wastes”, un tantino più epico nell’intro e meno approssimativo nello sviluppo rispetto al primo e al terzo (una tortura lunga nove minuti con tanto di coda in fade out), per quanto non si possa certo gridare al miracolo e risulti pure difficile distinguere un pezzo dall’altro. Per spirito di giustizia e completezza consiglierei a chi volesse avvicinarsi ai Noothgrush Erode The Person, LP vecchio di quindici anni ma di gran lunga più decoroso e rappresentativo di questo split: quel che c’è da capire e da sapere riguardo al combo di Oakland è tutto racchiuso lì.
La situazione purtroppo non migliora coi giapponesi Coffins, ancora più prevedibili e scontati. Il lato B sciorina una voce in growl senza l’ombra di una sfumatura, riffoni reiterati e affogati in distorsioni grasse e melmose, e qualche stacco che ricorda certo death metal ignorante (minuto 4’06’’ di “Drown In Revelation” per esempio) o addirittura un mid-tempo che fa il verso agli Entombed di Wolverine Blues (minuto 2’14’’ di “The Wretched Path”). Che altro dire? Di sicuro che i ‘fondamentali’ sono stati rispettati per il bene degli amanti del genere, ma non riuscirei a trovare altre qualità. Come i Noothgrush anche i Coffins hanno alle spalle una discografia costituita per lo più da split e da quattro full length che, se da una parte non fanno schifo, dall’altra non dicono davvero nulla di nuovo.
L’unico plauso dopo tante critiche va forse all’onestà e alla coerenza delle band rispetto al proprio sound: una sorta di integrità stilistica che per fortuna in qualche contesto musicale esiste ancora, ma che finisce con l’appesantire e soprattutto l’appiattire le già ridotte possibilità espressive del genere.
Questo resta uno split per collezionisti di ‘soprammobili estremi’. Per tutto il resto ci sono sempre gli Eyehategod.
5.0