( Long Branch Records, 2011)
01. The Age Of Hell
02. Clockwork
03. Losing My Mind
04. Time Is Running Out
05. Year Of The Snake
06. Beyond The Grave
07. Born In Blood (feat. Phil Bozeman of Whitechapel)
08. Stoma
09. Powerless
10. Trigger Finger
11. Scapegoat
12. Samsara
“The Age Of Hell” segue il non fortunatissimo “The Infection” e segna il ritorno sulla scena dei Chimaira, band metalcore proveniente dall’Ohio, tra le prime ad aver portato alla ribalta il genere nei primi anni ’00 assieme a Killswitch Engage, Darkest Hour e As I Lay Dying.
La gestazione del nuovo lavoro è stata alquanto travagliata, problemi interni e allontanamenti vari hanno portato la band sull’orlo dello scioglimento: solo dopo una lunga pausa i membri della line up storica (il cantante Mark Hunter e i chitarristi Matt DeVries e Rob Arnold) hanno rimesso in piedi un progetto che sembrava quasi morto.
Con l’innesto di due membri dei Daath al basso e alle tastiere (Emil Werstler e Sean Zatorsky) e uno dei Bleed The Sky alla batteria (Austin D’Amond) ecco servita la formazione che ha composto e registrato il nuovo LP dei metalcorers americani.
I Chimaira si sono sempre distinti dai loro “colleghi” per l’uso intelligente di tastiere, melodie, samples e per un riffing che deve molto alla scuola thrash metal dei primi anni 90 (Pantera e Machine Head su tutti), e sebbene gli ultimi album mancassero di creatività e non siano stati accolti molto bene dalla critica, “The Age Of Hell” riporta la band ai fasti di “The Impossibility Of Reason”, il loro inarrivabile capolavoro.
La sensazione che si ha sin dall’opener “The Age Of Hell” è che l’inferno citato nel nome dell’ LP rappresenti un vero e proprio epitaffio del periodo che la band ha passato nel comporre questo album, e il groove che pervade l’intero lavoro ne è testimone.
Se il primo singolo “The Year Of The Snake” sembra un outtake delle sessioni di Far Beyond Driven, nel quale un batteria trascinante scandisce tutti i 4 minuti scarsi, la conclusiva e strumentale “Samsara” è quasi un tributo ai Metallica.
”Trigger Finger” e sopratutto “Born In Blood” uniscono la violenza a un sapiente uso delle chitarre, trascinate nella seconda da possenti linee vocali nel featuring con Phil Bozeman dei Whitechapel, che rendeno il pezzo davvero una chicca.
Significativi i passaggi strumentali in “Stoma” (e nella già citata “Samsara”) che uniti al solito piglio duro e granitico della band, rendono ancora più carico questo disco, che segna il ritorno più convincente degli ultimi anni tra i capostipiti del genere.
Come vale per tante band che ormai sono entrate nel loro primo decennale, la regola vale anche per i Chimaira: ripetersi diventa difficile, ma spesso ancora più difficile è rimanere fedeli a sè stessi e non lasciarsi trascinare dalla corrente: i Chimaira hanno scelto di ritornare alle origini e lo hanno fatto in maniera decisamente convincente.
Voto 6,5