(7 Degrees Records, 2014)
1. Reversed Into Contraction
2. There Is A Color
3. Ancient Drone
4. Dark On Dark
5. Astrocyte Portal
6. Storming The Sloan Wall
7. False Vacuum
8. Ravenous Solemnity
9. Towards The Cold, Mysterious Infinity
10. Hammer Of Logic
11. A Fountain Of Daggers
12. Buried Alive In Obsolescence
13. Glorification Of The Anti-Life Equation
14. Vicious Infinite Regress
15. The Blood Runs Red
Nell’estate del 2008 ad Atene in Grecia nascono i Dephosphorus, un terzetto votato a un mix di grindcore, punk, black metal e death metal, uno stile rinominato da loro stessi “astrogrind” per via delle tematiche di tipo esoterico, astrologiche ma anche con qualche puntatina di stampo politico qua e là. Dal 2011 hanno pubblicato un EP, due split e due full-length, e quella che prendiamo in esame ora è proprio l’ultima loro opera, datata al febbraio di questo anno.
Ascoltando Ravenous Solemnity dal primo momento si capisce subito di che pasta sono fatti questi ragazzi dalla competenza tecnica molto elevata: tempi dispari e cambi inaspettati sono frequenti in questa loro ultima fatica. Quando si fa dell’impatto sonoro il proprio cavallo di battaglia spesso questi due fattori sono controproducenti, ma non in questo caso, ogni canzone suona fluida e non perde la forza d’urto necessaria; insomma non stiamo parlando di tecnica fine a se stessa. C’è da dire però che la differenza reale con il loro precedente lavoro Night Sky Transform è proprio questo accrescimento dell’abilità strumentale: è una carta in più, giustamente giocata, fermo restando che i momenti migliori del disco sono quelli più semplici e fondamentalmente, per quanto le sonorità dei Dephosphorus abbiano una loro personalità forte, le tracce sono molto simili al predecessore di Ravenous Solemnity. In breve si riscontra una maggiore capacità tecnica ma per il resto non molto è cambiato: gli ellenici pestano duro, non hanno paura delle velocità, i blast beat e le sfuriate si alternano a momenti ben più cadenzati e ritmati che sono la cosa che riesce meglio alla band, che così spazia tra tempi e riff punk devastanti senza omettere quelle atmosfere più dilatate e rigorosamente più care al loro concept di base, con arpeggi astrali e qualche raro momento più psichedelico. La versione digitale contiene anche una cover dei Discharge, “The Blood Runs Red”tratta dal mitico Hear Nothing See Nothing Say Nothing, una chicca in quindicesima traccia da non perdere.
Il disco si ascolta meravigliosamente, l’etichetta “astrogrind” da loro coniata rende bene l’idea che hanno in mente e che mettono in pratica con la propria musica, che risulta molto personale, un’opera in cui ogni dettaglio, compreso l’artwork stupendo, lascia intuire la grande qualità di questa band.
7.0