(Nuclear Blast Records, 2010)
01. Intro
02. The Purge
03. A Token Of Malice
04. Majesty And Decay
05. Divine Code
06. In Human Form
07. A Glorious Epoch
08. Interlude
09. A Thunderous Consequence
10. The Rapture Of Ghosts
11. Power And Shame
12. The Comfort Of Cowards
Fin dal lontanissimo Dawn of Possession (1991) gli Immolation sono stati per me come per l’intero movimento death metal in generale un gruppo fondamentale e con un’enorme influenza sulle generazione successive, penso per esempio agli Ulcerate su di tutti, che proprio negli Immolation affondano le loro radici. Caratteristiche delle band di New York sono da sempre delle chitarre articolate e dissonanti, suonate selvaggiamente su ampi accordi (cosa veramente originale per l’epoca e caratteristica tutt’ora poca diffusa), un drumming frammentato e mai monotono, una voce profonda, intensa, ed un’atmosfera oscura, lamentosa, epica, ipnotica. Una band che pur non avendo mai raggiunto i livelli di notorietà di altri padrini del death metal (Cannibal Corpse, Morbid Angel, Deicide, Suffocation) ha sempre goduto di ampio rispetto nel panorama death internazionale e la cui discografia, seppur con ritmi pacati, non si è mai interrotta in venti anni di carriera.
Ed eccoli qui, con Robert Vigna e Ross Dolan unici superstiti della prima line-up, tornare dopo tre anni con un nuovo album, questa volta sotto Nuclear Blast. Majesty and Decay pare soffrire di una scrittura un po’ frettolosa e poca elaborata, come se ai brani, prima della registrazione finale, non fosse stato concesso abbastanza tempo per un più maturo e completo sviluppo. Sotto l’alone straziato delle chitarre che da sempre caratterizzano la band troviamo infatti dei riff a tratti un po’ banali e che non di rado rimandano fortemente a lavori passati della band (le linee vocali di The Comfort of Cowards ricordano molto quelle di No Jesus, No beast). Le dissonanze chitarristiche di Vigna, quegli ululati a metà tra un assolo ed una (dis)armonizzazione che accompagnano tutti i brani degli Immolation, suonano un po’ scontate, già sentite, non particolarmente ispirate. A parte brevi sprazzi e nonostante i continui ascolti, l’album non decolla.
La qualità delle canzoni risulta molto omogenea, rendendo l’album molto concettuale e compatto, ma privo di brani di spicco sempre presenti nei passati lavori (senza andare troppo lontano basti pensare a World Agony e Whispering Death sul precedente Shadows in the Light). Si discostano leggermente dalla media la titletrack Majesty and Decay, con il suo riffone portante, quasi neurotico e A Glorious Epoch, forse il brano più ispirato dell’album.
Merita un approfondimento il drumming dell’album. Nonostante i continui cambi di batteristi gli Immolation sono sempre stati caratterizzati da una frammentazione continua del groove in grado di arricchire e diversificare non poco i pattern di chitarre. Qui invece melodia e ritmo sembrano lavorare più all’unisono del solito, da un lato aggiungendo concretezza ed impatto ai brani, dall’altro togliendo una certa obliquità che li aveva sempre distinti.
Da apprezzare (cosa tipica per gli Immolation) la scelta di suoni molto reali e naturali, un vero e proprio marchio di fabbrica. Così come la scelta di abbandonare il tema angeli/demoni che ha caratterizzato tutto l’artwork della band in favore di qualcosa di nuovo che ben si sposa con la musica.
In definitiva un album che non aggiunge nulla a quanto già fatto dalla band, né come soluzioni melodiche, ritmiche, sonore o vocali. Ne saranno forse felici i puristi, un po’ meno chi si aspetta qualcosa di più da una band con così tanti anni alle spalle di esperienza e che ha sempre fatto scuola in termini di atmosfere e songwriting. Certo gli Immolation non seguono alcun trend e rimangono fedeli a se stessi, ma questa sorta di coerenza è sempre una virtù quando si parla di creatività ed espressione musicale?
L’impatto che ebbe Here in After (1996) sul death metal fu fortissimo e probabilmente non ancora apprezzato per quanto merita. Stessa cosa può dirsi per altri lavori successivi, ma Majesty and Decay scivola via in maniera poco incisiva, probabilmente limitandosi ad aggiungere un paio di brani alle scalette live della band e magari un videoclip, in attesa di un nuovo lavoro che sono sicuro non giungerà prima di tre o quattro anni.
I fan degli Immolation non si pentiranno dell’acquisto perché tutto sommato questo album, pur non essendo un passo in avanti nell’evoluzione musicale della band, non è nemmeno una grande delusione. Per chi invece si avvicina per la prima volta ad una band così importante e influente nella storia del death metal, consiglio vivamente l’ascolto di lavori precedenti. E se per un attimo si mette da parte il prestigio degli Immolation per concentrarsi unicamente sul risultato di questo album, risulta davvero difficile andare oltre la sufficienza.
Voto: 6
Recensione a cura di Francesco D’Adamo (Murder Therapy)