(Thrill Jockey Records, 2015)
1. Fanfare
2. Follow
3. Kel Valhaal
4. Follow II
5. Quetzalcoatl
6. Father Vorizen
7. Haelegen
8. Reign Array
9. Vitriol
10 Total War
Se avessimo un cassetto per ogni genere musicale, con fatica riusciremmo a capire dove depositare The Ark Work. Di una cosa possiamo essere sicuri, il black metal per i Liturgy è oramai un vestito che sta troppo stretto e per questo è stato da loro letteralmente lacerato e dissezionato, per poi essere ricucito in qualcosa di nuovo e non ben definito. Sappiamo con certezza che il loro black metal degli esordi è stato ispirato da Burzum e che per il loro suono sono stati spesso associati ai Defheaven, ma ciò fa parte del passato, perché chi sono oggi i Liturgy e dove arriveranno dopo questa eclettica opera è un grande quesito a cui per ora non possiamo rispondere.
Per semplificare la definizione di un disco così ostico, soprattutto al primo ascolto, possiamo usare la definizione di musica avantgarde o sperimentale ma, nonostante la miscela di generi musicali diametralmente opposti tra loro come il metal, lo shoegaze e la techno, il fulcro su cui gira questa ruota ben equilibrata è sicuramente il rock nella sua espressione più alta.
The Ark Work vive di ottime suggestioni e di idee brillanti, come l’uso degli strumenti a fiato che compongono la strumentale ouverture “Fanfare”, impreziosiscono il progressive di “Reign Array” fino a comporre un brano totalmente folle come “Kel Valhaal”, una marcia medioevale che defluisce in un post rock epico mentre Hunter Hunt-Hendrix spara rime come se stesse creando un pezzo hip hop.
Le chitarre distorte di Hunt-Hendrix e Gunn ed i blast beat di Greg Fox comunque non vengono a mancare: li ritroviamo in pezzi come “Father Vorizen”, “Follow” e “Quetzalcoatl”, per quanto spesso vengano infarcite di suoni elettronici di stampo techno-industrial o separate tra loro da pezzi ambient elettronici e sinistri. “Vitriol”, infine, è il pezzo che davvero non ti aspetti: sembra uscito da un album dei Liars per la sua composizione post-punk ed i suoi tribalismi elettronici, e potrebbe rappresentare una sorta di manifesto no wave metal.
Per quanto questo nuovo lavoro dei Liturgy possa apparire pretenzioso, analizzando la sostanza ci rendiamo conto di essere davanti ad un’opera geniale, che cresce ad ogni ascolto, esce fuori da qualsiasi schema e convince in ogni sua scelta; potrebbe allontanare qualche sostenitore della prima ora ed avvicinare a sé qualche hipster di troppo, ma se siete abituati a ragionare al di fuori di etichette già stampate The Ark Work è un’esperienza che vi conquisterà sicuramente.
8.0