(Autoprodotto, 2011)
1. Guilt of Discipline
2. Parallels
3. Epitaph Part I
4. Epitaph Part II
5. Growth and New Gods
6. Ceneri
Nuovo Ep per questo combo emiliano-romagnolo dedito ad un black metal piuttosto moderno, strutturato e aperto a contaminazioni acustiche e, in misura nettamente minore, ambient.
Il black metal dei Deadly Carnage si conferma fedele ad una corrente che vede tra i propri punti di riferimento gli Emperor di Anthems to The Welkin at Dusk piuttosto che agli Immortal di Battles In The North o ai Darkthrone di A Blaze In The Northern Sky, tanto per citare opere fondamentali della scena norvegese.
La visione modernista della musica più nera rende indubbiamente interessante una proposta che altrimenti rischierebbe di arenare nell’immensa spiaggia dell’anonimato, accanto a centinaia di cloni di band storiche del primo lustro degli anni novanta; non è inconsueto, avventurandosi tra le sei tracce dell’Ep, sentire rimandi agli ultimi Satyricon o, perché no, ai Naglfar più oscuri e catacombali.
“Guilt of Discipline” si districa tra blast beats dalla precisione millimetrica, tempi che dimezzano e rallentamenti che, sebbene possa sembrare così, non cadono nella vana pratica del breakdown fine a se stesso; il brano è sicuramente quello più legato alla tradizione, risultando a tutti gli effetti il meno ispirato del lotto.
Decisamente più interessante è “Parallels”, estremamente variegata e imprevedibile, tra arpeggi acustici, ritmiche da mid tempo e riff acidi in puro stile Rebel Extravaganza (ebbene si, adoro quell’album).
Le due parti di “Epitaph” non fanno altro che proseguire sulle coordinate tracciate dal brano precedente: è sempre presente una certa atmosfera decadente, materializzata in basilari ma sinistri arpeggi di chitarra; la ritmica, marziale e precisissima, rimanda alle frange del black metal più moderno, imbastardito da influenze pienamente statunitensi.
“Growth And New Gods” rappresenta un ideale punto d’incontro tra il suddetto modernismo e un’anima più tradizionale e meno meccanica, esplicitata in un semplice riff accostabile a pieno titolo alla scuola norvegese più classica.
La chiusura risulta molto interessante, forse una vera sorpresa: “Ceneri” è un brano d’atmosfera, giocato tra fraseggi di chitarra pulita, leggeri tappeti di synth e un cantato in italiano di buon d’effetto; dal punto di vista puramente musicale sembra udire echi degli Spite Extreme Wing più ambient e sperimentali (quelli di “Decadenza” o “Il Volo del Bicorne”, per intenderci).
Sentiero II: Ceneri risulta un buon Ep, equilibrato, moderno e decisamente godibile; è doveroso aspettarsi dalla band un ulteriore evoluzione nel song writing, ma possiamo ritenere la costruzione dei brani piuttosto matura.
Una sola pecca: la produzione troppo pulita, estremamente perfetta e a tratti artificiale; ma questo, al giorno d’oggi, passa direttamente in secondo piano.
Voto: 7.