(Denovali Records, 2011)
1. Aura;
2. Wölfe;
3. Ursus Arctos;
4. Im Karst;
5. Karpatia;
6. Steinernes Meer
Il 2011 segna anche il ritorno dei tedeschi Omega Massif, fautori di uno sludge strumentale accostabile più facilmente al post- rispetto a gruppi in stile Eyehategod o Iron Monkey. Karpatia segue di quattro anni l’esordio Geisterstadt (“città fantasma”, in italiano) proseguendone la strada senza apportare cambiamenti rilevanti, con passaggi memorabili accostati ad altri non così incisivi, ma riuscendo comunque a mantenere in chi ascolta una soglia d’attenzione alta per tutta la durata del disco, che stranamente non risulta eccessiva pur proponendo tre canzoni oltre i dieci minuti.
La Denovali, quindi, centra ancora una volta l’obiettivo sfornando un album che non delude le aspettative di chi già conosceva i trascorsi del gruppo; sicuramente non siamo davanti a qualcosa di sconvolgente come poteva essere un Misanthrope(s) due anni fa (evento difficilmente ripetibile, fra l’altro), ma siamo sicuramente abbondantemente oltre la sufficienza, con un paio di episodi che arrivano quasi all’eccellenza. Il songwriting rimane sempre sopra la media, giocando fra ripartenze, accelerazioni e ritmi decisamente più metal in senso stretto, che magari stonano leggermente nel complesso del disco; sicuramente un aspetto che forse farà storcere il naso (perlomeno, al sottoscritto) sono le partiture di batteria: sicuramente è stata una scelta voluta, ma in certi punti risulta davvero troppo marziale e monolitica rispetto alla variabilità di chitarre e basso. “Im Karst” è senza ombra di dubbio il pezzo trainante di tutto l’album, quello che non si vede l’ora di poter ascoltare e che porta tutto su un livello più alto, andando a pescare anche verso altri lidi musicali: pur non durando eccessivamente (otto minuti circa), riesce a coinvolgere chi ascolta a tal punto da perdere la cognizione del tempo. Partendo in classico stile Omega Massif, poco prima della metà si apre verso un’orizzonte pienamente post-rock, in cui non si disdegnano comunque ritmi sostenuti, rimandando vagamente ai migliori Red Sparowes e Mono. Da segnalare anche “Ursus Arctos” in cui i quattro tedeschi mostrano, ancora una volta, di saper giocare con influenze ed ispirazioni decisamente più pesanti, con richiami a mostri sacri quali Neurosis o Pelican, arrivando fino a vari passaggi chiaramente debitori agli Year Of No Light di Ausserwelt e al doom in generale, soprattutto in quanto ad atmosfere. Questo particolare è proprio quello che pone questa canzone poco sopra a “Im Karst” in quanto a bellezza, dando vita ad una doppietta che è sicuramente il culmine di Karpatia sia a livello compositivo che a livello emotivo. Ci sarebbero altri passaggi da porre in risalto, ma queste due canzoni possono racchiudere tutto ciò che gli Omega Massif si sono proposti di fare.
Karpatia, a dispetto di qualche piccolo pregiudizio personale, si rivela essere un disco molto valido, pieno di diverse influenze maneggiate nel miglior dei modi, senza scendere per forza nel pacchiano o nel plagio (in certi punti sembra che la lezione dei Lento sia stata imparata a dovere). L’unica prova che l’album potrebbe non superare è quella del tempo, ma per ora lo si deve ascoltare senza molte riserve.
7.5