(Candlelight Records, 2011)
1. Earth Ripper;
2. Circles of the Oath;
3. Abraxas Connexus;
4. Skrying in the Spirit Vision;
5. Ontologically, it Became Time & Space;
6. A Song For Ea including:
a. E-A;
b. A Myriad of Portals;
c. Third Tablet;
d. Warren of Imhullu;
e. The Waters – The Denizens;
f. E-A (reprise)
Abzu esce a distanza di due anni dall’acclamato disco omonimo, che ha segnato il ritorno definitivo dello storico gruppo americano dopo una pausa di un lustro circa; oltre a ciò, questa uscita va a comporre la seconda parte di una trilogia basata su tematiche vicine all’occulto e alla magia. Unico membro presente sin dagli esordi è Proscriptor McGovern, che da anni si occupa sia delle partiture di batteria (che tecnicamente migliorano ad ogni album), sia delle parti vocali che dei testi: in pratica mente e braccio degli Absu sono racchiusi in una sola persona che si avvale dell’aiuto di vari personaggi, che difficilmente rimangono membri stabili per qualche tempo.
La formula è ovviamente cambiata dagli esordi e, soprattutto, da quel Barathrum V.I.T.R.I.O.L. che ormai può essere considerato come una pietra miliare del metal estremo, oltretutto recentemente ristampato in versione super lusso con poster e triplo vinile. Lentamente l’approccio si è spostato verso sonorità decisamente più thrash, sonorità che negli ultimi due album sono diventate più preponderanti rispetto al passato grazie anche ad una produzione praticamente perfetta, che in alcuni frangenti risulta però troppo pulita, senza dare giustizia alle parti più fortemente black. “Circles Of The Oath” è forse il brano che più rimane impresso: il devastante attacco iniziale, con tanto di tastiere e blast beat, riporta alla mente i norvegesi Emperor (di IX Equilibrium) mentre il resto della canzone rimane su ritmi altissimi, su cui spicca il cantato di Proscriptor, ancora più acido che in passato. La finezza è la chiusura a base di chitarra acustica, in cui aleggia lo spettro dei Necros Christos e degli splendidi intermezzi presenti nelle loro uscite. “Ontologically, It Became Time & Space” è un altro dei punti forti del disco, totalmente basato sulle strutture e sugli stop’n’go del batterista (soprattutto all’inizio e nel finale) presenta una parte centrale violentissima in cui davvero l’eco più black metal torna a farsi sentire con prepotenza. Azzardatissimo è invece l’ultimo episodio “A Song For Ea”, brano unico della durata di quattordici minuti, ma diviso in sei sottoparti con titoli (e tematiche probabilmente) a sé stanti: durata unica, si diceva, ma separazione delle parti in esso contenute abbastanza netta ed è questo forse il punto debole. “A Myriad Of Portals” e la conclusiva “E-A” sono sicuramente gli spezzoni più notevoli.
Gli Absu hanno quindi sfornato l’ennesimo album valido, anche se leggermente al di sotto del precedente che poteva contare su canzoni come “13 Globes” e “Night Fire Canonization”. Sicuramente apprezzato dagli estimatori di lunga data del gruppo, piacerà anche a chi si avvicina a loro per la prima volta, con la clausola, però, di andare indietro nel tempo e scoprire, prima di tutto, le prime due uscite ufficiali del gruppo.
Voto: 6/7.