(Grindpromotion Records, 2011)
1. Come uno Snuff
2. Estreme Vie
3. Falso Sorriso
4. Sangue Chiama
5. Concubino del Diavolo
6. Dentro Te
7. Solo un Momento
8. Cupa Riflessione
9. Suini
10. Bomb!
11. Carni Amare
12. Follia?
13. Il Teatrino delle Urla Inquietanti
14. Nuove Generazioni
15. Immagine che non Conosco
16. Stupro della Ragione
Cari grind-freaks, vediamo se qualcuno di voi è sufficientemente nerd da ricordare gli Insane Assholes… M’auguro che le “mani virtuali” alzate siano molte, perché la band in questione, soltanto tre-quattro anni fa, prometteva sfaceli per la scena estrema DIY della nostra abominevole Penisola: si trattava, infatti, d’un quartetto veneto dedito ad un grindcore più –core che mai, senza compromessi, di stampo Brutal Truth principalmente, ma in grado di pescare nelle dissonanze e nelle soluzioni più storte di certo post-core, nonché d’attingere con cognizione dal grezzume più crusty degli 80s.
Ho deciso d’introdurre così questa recensione sulla prima fatica ufficiale di questi Snuff Movies After Dinner perché, in questo nuovo progetto, ci sono forse i due elementi più personali degli Insane Assholes (la cui ultima apparizione è su uno split del 2008), il cantante Maurizio ed il batterista Marco: per i fan del genere, tale duplice presenza dovrebbe essere già ottimo motivo per accalappiarsi a scatola chiusa questo Immagine che non conosco, edito, tra l’altro, dalla nostrana ed attivissima Grindpromotion Records (ergo, horns up!); per tutti gli altri, ma anche per approfondire, giustamente, uno dei migliori dischi estremi usciti dall’Italia negli ultimi tempi, occorre aggiungere qualche riga.
Va detto, però, come monito iniziale per chi già conoscesse gli Insane Assholes, che ci sono sì alcuni punti di contatto col vecchio progetto, ma, fondamentalmente, gli Snuff Movies After Dinner sono di più. Fanno di più.
Il disco, costituito da sedici violentissime tracce, non è, comunque, il classico grind platter ultra-sparato, unidirezionale e nichilista. Benché tali caratteristiche fondamentali vi siano, l’album è studiato per esplorare più forme e suggestioni musicali, pescando dallo zozzo e marcio pozzo di San Patrizio che la tradizione del grind più evoluto malignamente offre. Personalmente, ad un primissimo ascolto, m’era parso di sentire la risposta italiana ai Circle of Dead Children: buon gioco d’alternanza vocale guttural/scream, drumming forsennato, tecnico, ma non eccessivo, qualche riff che pesca dal vecchio death metal. In verità, Immagine che non conosco offre di più: è un full length impregnato d’un’attitudine hardcore in senso veramente lato, porta l’ascoltatore in saliscendi umorali ed emozionali, pur mantenendo la tensione alta, a livello di violenza, grazie ad arrangiamenti che spaziano dal punk/hc più tradizionalista, a riff melodici su blastbeats richiamanti certo black metal primitivo, a momenti sludge/doom capaci d’andare oltre la “solita” funzione riempitiva (come accade per molte grind bands), fino ad una sensibilità compositiva e strutturale tipica di certo post-core (Converge, Botch) che permea con rigore ed assennatezza ogni singola canzone, senza, comunque, stravolgere l’intento generale – traduzione per i grinders più true: non c’è nessuna trovata modaiola, questo è un disco 100% grindcore.
A rendere più folle e frenetico il viaggio uditivo dell’album, i nostri mettono azzeccate intro rumoristiche, elettroniche, nonché qualche sample preso, con compiacenza, dal discussissimo Salò di Pier Paolo Pasolini, film che, con quella sua cinica grettezza, pare toccare la più eccelsa raffinatezza, e ben si sposa col concetto della band; ad un tratto, da metà disco in poi, appare il sax di Luca T. Mai dei romani Zu, con inserti, finalmente, non di pura cacofonia, ma in grado d’arrangiare al meglio ogni canzone su cui interviene (anche se, alla lunga, la soluzione un po’ stufa, dando una sensazione d’eccessiva ripetitività: credo sia questo l’unico neo del disco).
Un disco, dunque, in grado di soddisfare sia neofiti, sia grinders tradizionalisti, sia gli amanti delle robe più superfast moderne, sia gli amanti dell’estremo più sperimentale. Non perdetevelo.
PS: La quarta traccia, “Sangue Chiama”, NON è una cover dei Cripple Bastards!
7.5