(Alerta Antifascista, 2011)
1. Beyond The Infinite
2. Primum Movens
3. Armoury Choir
4. The Metatron
5. Prelapsus
6. Lapsus
Chi si ricorda dei mitici Fall of Efrafa? Erano una band inglese nata mescolando l’hardcore e il crust di His Hero is Gone e From Ashes Rise al post-metal di gente come Buried Inside e Cult of Luna, e scioltasi in pochi anni dopo aver raggiunto lo stato di nome di culto nel panorama post-core mondiale. Ma non è così semplice descriverli. Perché la particolarità della loro musica, che in teoria non esprimeva nulla di nuovo, era la passione estrema, tangibile, con cui era suonata e soprattutto lo scopo. L’obbiettivo dei Fall of Efrafa era mettere in musica la loro personale rilettura del magico libro “La Collina dei Conigli” di Richard Adams, in tre album (Owsla, Elil, Inlè, ascoltateli in quest’ordine) pubblicati dal 2006 al 2009 (solo tramite etichette indipendenti e mettendoli a disposizione gratuitamente); compiuta la loro missione, nonostante l’adorazione di tantissimi fans, si sono sciolti esattamente come avevano detto. Portando alla disperazione molti, tra cui il sottoscritto.
Ma non poteva essere tutto finito, non così. Qualcosa doveva rinascere. Ed ecco infatti che il frontman dei FoE Alex, geniale artista a tutto tondo (musicista, scrittore e disegnatore, curatore di tutti gli artworks dei suoi dischi), una volta trasferitosi a Londra, ha formato una nuova band col chiaro intento di sfogare la sua estrema creatività in un progetto nuovo, indipendente dai Fall of Efrafa, ma che inevitabilmente sembra riprendere il percorso interrotto con Inlè. Questa volta, tanto per non sembrare troppo modesto, il suo concept lirico parte da Philip Pullman per arrivare a due assoluti capolavori della letteratura mondiale, la Commedia di Dante e il Paradiso Perduto di John Milton (uno si fa sempre a scuola per fortuna, l’altro bisognerebbe assolutamente leggerselo per conto proprio). Non si può dunque non apprezzare questo debut album Lapsus, che fin dai testi curatissimi e dall’artwork si rivela un’opera artistica di alto livello, incentrata in maniera intelligente su una figura di cui nel metal si parla fin troppo a sproposito, ma che fa effettivamente parte della storia della letteratura: Lucifero, a cui si riferisce il nome della band Light Bearer.
Veniamo però alla musica, dato che questa resta pur sempre una recensione di un prodotto principalmente musicale. Da un punto di vista tecnico, il gruppo più vicino allo stile dei Light Bearer sono probabilmente i Cult of Luna, ma è facile accostarli, per impatto emotivo e anche per l’atmosfera disperata e annichilente, ma epica al tempo stesso, ai Buried Inside ma anche a dei Rosetta senza le loro tipiche influenze space rock. E’ tornato il violoncello, come sul primo Owsla dei Fall of Efrafa, ma usato molto più sapientemente, e questo dà un tocco ancor più malinconico agli affreschi di disperazione che son capaci di dipingere questi ragazzi. La peculiarità dei Light Bearer è proprio questa: non creano assolutamente nulla di rivoluzionario, ma sono capaci di comporre pezzi assolutamente spettacolari, quadri bellissimi da dieci minuti e più in cui si fondono melodie splendide, rallentamenti pachidermici, momenti di riflessione ai limiti del drone, e brevi cavalcate verso l’autodistruzione. Il tutto è arricchito dall’incredibile voce di Alex, essenzialmente monocorde ma capace di compensare la scarsa varietà con una capacità di emozionare semplicemente indescrivibile.
Questa è la parola-chiave per comprendere il sound di questa band: emozionare. I Light Bearer sono bravissimi a catturarvi fin dall’intro, e a farvi entrare senza che ve ne accorgiate nella seconda, lunga traccia “Primum Movens”, e a “telecomandare” le vostre emozioni. Fin da subito sarete catturati in un vortice emotivo avvolgente, in una ragnatela da cui vi libererete solo per entrare, lentamente ma inesorabilmente, nel ritmo epico e dannato della camaleontica “Armoury Choir”, una suite di rara bellezza capace di rivaleggiare con un pezzo come “Dominion Theology”, capolavoro indiscusso presente nel secondo Fall of Efrafa Elil. Dopo un intermezzo ansiogeno, comincia “Prelapsus”, il pezzo relativamente più semplice nei suoi “soli” sette minuti, ma dotato di un climax finale notevole, in cui appare anche una voce pulita molto evocativa quasi a duettare con le urla di Alex, in un intreccio emotivo che vi introduce alla lunga, onirica marcia finale della titletrack, 17 minuti di musica che, se inizialmente sembrano tantissimi, volano via fino ad accompagnarvi al dolce, malinconico finale di solo violoncello dal quale, saremmo pronti a scommettere, ricomincerà il seguito Silver Tongue, già annunciato per il 2012.
Lapsus è sicuramente uno degli album dell’anno, per gli amanti di certe sonorità. Sbilanciandoci, affermiamo anche che probabilmente è il miglior disco post hardcore / metal dai tempi di Spoils of Failure (2009) dei già citati Buried Inside, o almeno se la gioca con A Determinism of Morality dei Rosetta (2010), anche se si parla di un sound piuttosto diverso. Gli Isis si saranno anche sciolti, Neurosis e Cult of Luna saranno anche poco produttivi, ma per fortuna, in mezzo a tante bands troppo impegnate a emulare i mostri sacri, ci sono musicisti che, con tantissima passione, riescono a comporre musica capace di emozionare.
Speriamo che, dopo il quarto album di questa quadrilogia, il buon Alex non decida di sciogliere anche questo gruppo, o che comunque mantenga questa passione in altra forma. Abbiamo bisogno di gente come lui.
8.5
album 2011 forse! la seconda canzone è da paura !!!c’ho fatto tutte le vacanze in puglia!
Mi è finalmente venuta l’ispirazione per scriverla, alla ventesima volta che ascoltavo questo capolavoro… Dici che ho scritto un po’ troppo? ahah 🙂
Bella Ico! ci mancava la review per sto discone! 🙂