(Century Media Records, 2011)
1. We Who Worship the Black
2. I Sing His Words
3. Sonne Adam
4. Solitude in Death
5. Take Me Back to Where I Belong
6. Shine
7. I Claim My Birth in Blood
8. Transformation
9. Apocalypse
Israele si sta dimostrando nell’era contemporanea una terra particolarmente prosperosa per l’estremo, sia per i nostalgici che per gli amanti di sonorità più moderne. Nella prima categoria possiamo senz’altro includere bands quali Tsorer o i Tangorodrim, questi ultimi fautori di un black metal carico di hardcore che più che una proposta musicale pare un vero omaggio alle band di vecchia generazione; nella seconda invece si possono tranquillamente inserire questi Sonne Adam.
La band è fautrice di un sound nero pece, dalle tonalità particolarmente basse, amalgamato da orchestrazioni molto appropriate, riff potentissimi e carichi di odio, tematiche apocalittiche (a volte pure blasfeme) e dalle linee vocali del cantante Dahan, il quale vanta doti notevoli e che più che un cantato vero e proprio pare cimentarsi in un rantolo diabolico, molto basso e proveniente direttamente dall’inferno.
Un death metal molto particolare ma interpretato in modo sapiente da una band che dimostra una personalità notevole per essere all’album di debutto (se si vuole escludere l’EP datato 2010 Armed with Hammers), con una proposta varia che pesca un po’ ovunque, da ritmiche granitiche di chiara scuola doom a sporadici inserimenti che vanno dal death old school a momenti di quasi post metal. Si tratta di una band che in sostanza sa fare un po’ di tutto e lo fa con tempistiche sia cadenzate che veloci abbinate a passaggi mai forzati e che mantengono sempre elevatissimo il livello della tensione e della potenza, come nelle bellissime “Shine” o “Apocalypse”.
In definitiva Transformation è un album di debutto vario ma, come già accennato, dotato di una personalità invidiabile che non potrà fare altro che mettere d’accordo molti, nostalgici e non. L’unica pecca forse è rappresentata da una miscela sonora che per quanto particolare e a tratti davvero unica, alla lunga potrebbe risultare un po’ abusata, ma nonostante ciò stiamo parlando di un buon lavoro.
7.5