(Supernatural Cat, 2011)
1. Ultramorth;
2. Orkotomb;
3. Orbothord;
4. Oktrombo;
5. MoR;
6. Oktomorb;
7. Obrom
Lin, Lan e Len, i tre messaggeri di Morkobot, tornano a far sentire la loro voce a tre anni di distanza da quel Morto che tanto fece scalpore nell’underground italiano. Per volere dello stesso Morkobot giungiamo quindi a quello che possiamo definire terzo full length dopo cinque anni dall’esordio Mostro, di cui si prese cura l’italianissima Supernatural Cat, che prosegue l’opera di protezione dei messaggeri di Morkobot anche in questa occasione. Il modus operandi ormai è conosciuto da tutti: due bassi e batteria, aiutati secondo necessità da qualche synth, con una potenza di suono invidiabile e capacità compositiva fuori dal comune, pur andando a pescare a piene mani da svariati generi, riconducibili bene o male alla comune matrice del doom.
L’ascolto sembra essere leggermente più facile e snello rispetto ai lavori passati: le canzoni acquistano una durata più affrontabile, raggiungendo solo in un caso i nove minuti di durata, al contrario di quanto accadeva in Morto, dove mai si scendeva sotto i dieci minuti, arrivando a toccare addirittura il picco dei diciotto dell’ultima traccia. Cosa si può dire di un album che, nonostante tutto, riesce abbastanza ostico all’ascolto? Districarsi all’interno dei tralicci e dei fili voluti da Morkobot non è assolutamente facile anche se, dopo svariati ascolti, la conclusione a cui si giunge è che ci sia qualcosa che non va all’interno di questo nuovo messaggio. Nonostante ci siano ottimi passaggi e l’esecuzione sia perfetta, il tutto prende un sapore leggermente stantio che non fa certo gridare al miracolo, ponendo Morbo sicuramente al di sotto del suo predecessore. Dopo la splendida “Ultramorth” (che unisce lo stile che ormai conosciamo a influenze più marcatamente doom e ad una buona dose di Zu), infatti, il disco procede senza troppi scossoni anzi, diventa difficile riuscire a ricordare episodi precisi e a fissarsi nelle orecchie il messaggio che deve giungere. Eccezione ne è la terzultima, e più lunga canzone, “MoR”: dopo un inizio assai dispari e convulso, si assiste ad una lunga divagazione (frutto di improvvisazione probabilmente) a base di partiture batteristiche quasi jazz e “delicate”, con l’apparire di synth ed effetti vari che rendono il brano il migliore e il più psichedelico del lotto, assimilabile più ad una band psych che ai tre messaggeri di Morkobot. Il resto dell’album purtroppo scorre in maniera troppo liscia, i richiami ai migliori Meshuggah riescono a dare una mano, ma il vero e proprio salto di qualità all’interno di Morbo non avviene o, per meglio dire, c’è ma non viene mantenuto.
In questo senso l’episodio di “MoR” potrebbe essere una svolta, una nuova direzione tramite cui incanalare il messaggio di Morkobot in modo che non si parli di Lin, Lan e Len solo come di “il gruppo formato da due bassi e batteria”, ma che (ri)acquisti un suo perché. Fine che è alla loro portata senza problemi, visto ciò a cui ci hanno abituato nel corso degli anni. Purtroppo però quest’ultima uscita non convince; in attesa del riscatto possiamo però godere delle performance dal vivo del gruppo, ambiente in cui i nostri difficilmente deludono.
6