(Frohike Records, 2011)
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4. Dalla Nascita
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7. 7
Il 2011 ci ha portato tante interessanti sorprese, molte delle quali provenienti dall’underground nostrano. Una di queste è Dalla Nascita, autentica perla dei piacentini Dyskinesia, un disco di difficile definizione e per questo capace di stimolare la nostra curiosità. Tante sono le etichette che si potrebbero applicare a questo album, da quel prefisso “post-” ormai fin troppo abusato, alla vaga, bellissima parola “ambient”, ma la verità è che Dalla Nascita è un disco sperimentale, profondo, emozionante, dotato di grandissima personalità e di un’inspiegabile capacità di sintesi che rende quasi immediata una musica che immediata non è per niente.
Quest’uscita è il secondo disco dei Dyskinesia: il primo, omonimo, album era un concentrato mastodontico di post-metal, sludge, ambient malsano, drone e a tratti noise, riversato in 4 pezzi di lunga durata (più uno più breve). Già nel 2009 gli emiliani dimostravano di saperci fare, quel debut album era un bel disco, dallo spirito opprimente ed evocativo, ma paragonato a questo Dalla Nascita sembra quasi un disco come altri: i Dyskinesia si sono superati, componendo sette pezzi splendidi, perfettamente distinguibili uno dall’altro, ognuno dotato di anima propria ma capace di andare a formare insieme agli altri un affresco di rara bellezza, difficile da descrivere.
La negatività che evidentemente risiede in questi ragazzi è stata convogliata in atmosfere che non sono mai troppo cupe, ma che neanche vivono di chiaroscuri alternati secondo il più classico e male interpretato cliché del post metal. Se proprio si vuole differenziare l’umore dei brani, si può dire che i primi tre sembrano più ossessivi e disperati, mentre negli ultimi tre la luce e la melodia cercano di infiltrarsi maggiormente all’interno delle composizioni, con la quarta traccia (l’unica denominata non da un numero, ma dal titolo dell’album) a fare da “interludio” dal marcato sapore drone. Ci rendiamo però conto che è riduttivo tentare di fare simili distinzioni: tutti i brani sono dotati di notevole pathos, e le melodie eteree e spettrali al tempo stesso che si dipanano attraverso tutto il disco sono capaci di accompagnarvi alla fine dei suoi quarantacinque minuti senza quasi che vi rendiate conto dell’entità sovrannaturale del viaggio che avete compiuto. Anche se, a dire la verità, sarà un viaggio dalle tante soste: numerosissimi sono i passaggi memorabili, probabilmente diversi a seconda dell’ascoltatore.
Un’altra particolarità che apprezziamo molto di questo disco è il cantato. I Dyskinesia sono nati come gruppo strumentale, e si sente, è la musica a dominare realmente l’album, ma è degna di nota la sapienza con cui questi ragazzi hanno inserito la voce nelle loro composizioni: le parole vengono urlate o sussurrate, ma appaiono sempre come un eco lontano, filtrate da una coltre di nebbia densa, come se a cantare fosse una voce che emerge da dentro di voi, o un’anima persa dentro una palla di vetro che vi urla da lontano la sua disperazione.
Non siamo riusciti a definirvi la musica di Dalla Nascita se non con definizioni e parole vaghe che in fin dei conti non significano nulla. E’ difficile anche dare coordinate stilistiche sulla base di gruppi che sono stati probabili influenze del quintetto, perché è evidente come i Dyskinesia siano riusciti a sintetizzare in un loro stile unico e molto personale tante sonorità diverse. Se volessimo esagerare, vi potremmo dire di immaginare una jam session tra Justin Broadrick, Micheal Gira e Stephen O’Malley insieme a qualche altro genio malato di tal genere, e forse così sarete vicini a capire di che tipo di musica stiamo parlando. In alternativa, andate sul sito della nostrana Frohike Records, l’album è in download gratuito (con la possibilità di fare una donazione e ricevere la copia fisica del cd una volta coperte le spese di spedizione, un’iniziativa notevole). Non avete scuse, ascoltate e perdetevi nella landa desolata dei Dyskinesia.
8.0