Listenable Records (2008)
1.Oroborus ; 2. Toxic Garbage Island ; 3. A Sight Of Behold ; 4. Yama’s Messenger ; 5. The Silver Cord ; 6. All The Tears ; 7. Adoration For None ; 8. The Art Of Dying ; 9. Esoteric Surgery ; 10. Vacuity ; 11. Wolf Down The Earth ; 12. The Way Of All Flesh.
Nel 1995, i Meshuggah portarono una ventata di novità alla scena metal mondiale col mitico “Destroy Erase Improve”. Il successo a tutti noto che ebbe quell’album fece nascere, oltre a vari traumi cranici, decine di gruppi dediti alla claustrofobia fatta musica, all’uso della tecnica portata non al puro virtuosismo ma a creare quegli intrecci strumentali che hanno reso famosi i cinque svedesi. A copiare i Meshuggah ci hanno provato in tanti, ed era prevedibile che ciò succedesse. Ciò che non era prevedibile è stata la nascita di una scena musicale vera e propria, indipendente e meritevole di attenzione, in Francia, composta di gruppi dediti al thrash/death riletto in chiave moderna, quasi futuristica, con caratteristiche simili (ma solo nelle atmosfere!) a ciò che crearono e creano i Meshuggah.
Dopo anni di gavetta, furono gli Scarve a mettersi in evidenza, nel 2004, col fantastico “Irradiant”: nel giro di poco tempo, altre formazioni diedero alla luce lavori degni di nota, e che ebbero un discreto successo in Europa; gruppi come Dagoba (What Hell Is About), Hacride (Deviant Current Signal), e, soprattutto, Gojira, con l’affascinante “From Mars To Sirius”, che gli portò un discreto numero di fan, anche tra noti personaggi (vedi Randy Blythe dei Lamb Of God, o Max Cavalera, che chiamò il frontman Joe Duplantier a suonare il basso nei suoi Cavalera Conspiracy).
A tre anni di distanza, ora che possiamo parlare davvero di “scena modern metal francese”, tutti i gruppi citati hanno confermato la loro abilità con notevoli lavori, ma non esitiamo ad affermare che, adesso, sono i Gojira a dominare il panorama moderno transalpino battendo, nel loro genere, ogni rivale.
Ci troviamo così davanti a “The Way Of All Flesh”, una nuova perla musicale in questo 2008 che ha visto, sia in campo old school che moderno, moltissime bands alimentare la scena Death Metal mondiale. Anche se bisogna ammettere che definire “death metal” i Gojira è decisamente limitativo, in quanto essi ne ricalcano solo vagamente le coordinate musicali, e i loro testi non sono certo conformi alle tematiche solitamente trattate nel death. I nostri eroi provengono da Bayonne, città della costa sud ovest della Francia, che vanta panorami naturalistici suggestivi; non a caso, i problemi ambientali del nostro mondo son sempre in primo piano nelle liriche di Joe Duplantier, uomo multiforme che ha anche curato il suggestivo artwork e la produzione stessa dell’album. “Gojira”, tra l’altro, è l’originale nome giapponese di Godzilla. Sapevate che nella sua prima versione Godzilla è nato da scarti radioattivi abbandonati dall’uomo nel mare?
Era necessaria tutta questa premessa? Probabilmente no, perché un gruppo del genere non avrebbe neanche bisogno di presentazioni, ma solo di essere ascoltato, e attentamente. Non fatevi spaventare dalla lunghezza del disco in questione (circa un’ora): difficilmente vi condurrà alla noia. Piuttosto, l’abilità con cui questi ragazzi, fin dall’opener “Oroborus”, manipolano e stravolgono in modi sempre diversi le stesse melodie e gli stessi riff sarà capace di ipnotizzarvi e avvolgervi come pochi album sono riusciti recentemente. A livello strumentale, la prova dei musicisti è assolutamente maiuscola. Ma un altro elemento che colpisce l’ascoltatore è la naturalezza con cui Joe s’inventa linee vocali travolgenti, varie, e difficilmente scontate, sempre con un elevato trasporto emozionale, passando dal growl ad un “quasi-pulito” davvero efficace. Efficace come le sperimentazioni sonore di “A Sight To Behold”, che ci immergono sempre più nell’atmosfera dell’album, per arrivare ad “Adoration For None”, dove appare, più in forma che mai, anche il già citato Randy Blythe dei Lamb Of God, che impreziosisce con una bella prova l’opera dei suoi amati francesi. Segue la lunga ma ancora una volta mai scontata “The Art Of Dying”, e, dopo l’avvolgente “Esoteric Surgery”, troviamo l’ipnotico (si, di nuovo!) ritmo marziale del singolo “Vacuity”, per il quale è stato girato un bellissimo e affascinante video. La chiusura è affidata all’atmosferica title-track, che pone l’ultimo sigillo su “The Way Of All Flesh”.
Ora però, è giusto frenare gli entusiasmi. Non siamo davanti ad una pietra miliare, per quanto i Gojira riescano a portare ancora una ventata d’aria fresca in una scena sempre a rischio di saturazione. Tuttavia, la classe di questi musicisti non può non essere riconosciuta, anche se magari non apprezzata in quanto non facilmente digeribile, ma non può non essere riconosciuto lo stato di grazia dei nostri cari cugini francesi: se in Italia avessimo anche solo qualche gruppo più vicino ai loro standard qualitativi attuali, potremmo già dire di avere una scena eccellente. Lunga vita dunque, ai gruppi come i Gojira, che portano linfa vitale nel nostro amato underground metallico.
Voto: 8