(Southern Brigade Records, 2011)
01.Jack Bumper 02.Silence Awaits You 03.The Awakening 04.Not Today 05.Prove It Wrong 06.Trees 07.Sun Static 08.Road To The Hollow 09.Disenchanted 10. White, Black And The Lies Between 11.If This Is The Beginning Hepe It Will
Che i Backjumper curino nei minimi dettagli l’aspetto esterno della fase di promozione del proprio album lo si capisce sin dalla biografia della band. Un presskit completo di ogni informazione ci spiega con dovizia di particolari che la band pugliese, nata nel 2003, è ora al secondo album, registrato per la Southern Brigade Records e uscito all’inizio del 2011. Dopo un’intensa attività lungo la penisola italiana, fatta di live da headliner o in supporto a conosciuti act della scena metal europea (Napalm Death, Caliban, Rage fra gli altri), i nostri continuano sull’onda di quel breakcore che tanta fortuna gli aveva portato ai tempi del primo album (Across the Deadline, 2009).
La produzione è ottima e ben calibrata e vede al centro una convincente sezione ritmica, affidata per la maggior parte al basso di Dario “Lego” De Falco. A ciò si affianca una prova vocale degna di nota di Francesco “paCMan” Bellezza, che pur tendendo ad essere incentrata su growling e screaming non disdegna, di tanto in tanto, incursioni melodiche. A tal proposito, è quasi un peccato che le parti melodiche, pur presenti in alcuni brani, non siano state maggiormente sviluppate. D’altro canto, sono pesanti le ispirazioni (sia in termini vocali che, in minor modo, nella parte più strettamente strumentale) al nu metal di mostri sacri quali i più recenti Limp Bizkit, pur mitigate dai ben più moderni cori hardcore di rito. Sulla lunghezza di undici pezzi (e poco meno di cinquanta minuti di durata) c’è anche spazio per un intermezzo strumentale, atto a stemperare i ritmi serrati e lasciare tirare un sospiro all’ascoltatore. E forse è proprio rallentando i tempi pur senza necessariamente alleggerirsi – come nell’ottima “Sun Static” – che i Backjumper dimostrano una maggiore personalità compositiva che li allontana dai cliché del genere. Questo non significa che in brani veloci e più propriamente rock’n’roll – come “Road to the Hollow”, che suona come una versione metallizzata dei Motörhead – la band non convinca.
In definitiva, il secondo disco dei Backjumper è un buon concentrato di diverse influenze, dove sonorità moderne quanto basta (diciamo a cavallo fra anni ’90 e 2000) si fondono con richiami più o meno marcati di sludge e southern rock finendo per risultare in ogni caso coerente e omogeneo. Un in più di personalità e una maggior attenzione in fase compositiva avrebbero potuto fare ancora di più la differenza, ma va bene così.
Voto: 6,5