(Erased Tapes Records, 2011)
1. Where Dirt Meets Water
2. Look Back, Look Up
3. You And I Change Like Seasons
4. We Are Live, Together (First Position)
5. Washington
6. The Reason In Madness, In Love
7. Cold Calls
8. If I Had Known It Was The Last (Second Position)
9. The Tragedian
10. Your Panopticon
Sono due le critiche mosse più spesso ai gruppi che fanno post rock strumentale: di essere noiosi, e di non scostarsi mai troppo da quanto fatto dai “mostri sacri” come Godspeed You! Black Emperor o Mogwai. Sulla prima poco si può dire, è una questione assolutamente soggettiva; sulla seconda, per fortuna si può sempre rispondere che ci sono ancora band valide e ricche di inventiva. Come gli irlandesi God Is an Astronaut ad esempio, che con l’album omonimo del 2008 sono riusciti a far breccia anche nei cuori di chi non si nutre spesso di queste sonorità grazie ad una notevole abilità nel creare brani accostabili ad una forma-canzone rock easy-listening senza troppe divagazioni ambient, capaci di risultare completi ed emozionanti pur nella loro natura strumentale
E’ il caso anche dei Codes in the Clouds, gruppo inglese che si affacciò alla scena nel 2009 con l’ottimo Paper Canyon, un disco assolutamente squisito, conciso ed efficace: 4 pezzi attorno ai 5 minuti più due lunghe suites di dieci minuti, melodie sopraffini, atmosfere solari velate di malinconica allegria, e mai un calo di tensione. Forse più dei God Is an Astronaut dimostravano la capacità di mantenere alta l’attenzione anche nei brani più lunghi, ma di fatto anche in Paper Canyon era evidente la ricerca della canzone vera e propria, che aveva prodotto un brano splendido e toccante, il più corto dell’album (3 minuti e rotti), come “Don’t Go Awash in this Digital Landscape”.
Ed è proprio da qui che i Codes in the Clouds ripartono con questo nuovo album, As the Spirit Wanes, edito sempre dalla Erased Tapes. Stavolta la tracklist si è allargata a 10 brani, dei quali nessuno arriva ai 5 minuti. Questo dovrebbe aumentare la fruibilità dell’album? Purtroppo no. Anzi, la sensazione è che tutto sia molto meno compatto, e che nella ricerca dei brani brevi ed emozionanti i cinque inglesi abbiano perso l’abilità che permetteva loro di intrecciare quelle originali melodie tanto perfette nel rendere organici, completi e colorati i lunghi pezzi del debutto. Dopo una partenza ad effetto (le prime due-tre tracce son davvero belle!), l’attenzione cala sempre di più nel corso dell’ascolto, che si rivela sì piacevole ma mai emozionante. E non stiamo parlando di un disco ambient, ma sempre di chitarre – basso – batteria, quindi sarebbe più che lecito aspettarsi qualcosa di più accattivante. Dopo l’inizio, come detto, non si raggiungono vette di sonorità notevoli: certo, non si può parlare di un album piatto, ma insomma…
In breve, questo As the Spirit Wanes non riesce proprio a dimostrarsi all’altezza del bellissimo predecessore, e, pur risultando un gran bell’album, lascia un po’ l’amaro in bocca per le potenzialità un po’ sprecate da questa valida band. Tornando al discorso iniziale insomma, quest’album è sicuramente, per gli amanti del post rock strumentale, 40 minuti di bella musica adatta a rilassarsi, viaggiare con la mente, o semplicemente a fare da sottofondo nei momenti meno caotici della giornata; ma in fondo, perché accontentarsi di un prodotto tutto sommato mediocre quando si possono fare le stesse cose ascoltando il più vivace God Is an Astronaut, o il nuovo (consigliatissimo) album dei Mogwai, o anche “solo” l’ambient primigenio di Brian Eno in Music for Airports?
Voto: 6.5