(Nuclear Blast, 2012)
1. Prologue
2. Helvetios
3. Luxtos
4. Home
5. Santonian Shores
6. Scorched Earth
7. Meet the Enemy
8. Neverland
9. A Rosa For Epona
10. Havoc
11. The Uprising
12. Hope
13. The Siege
14. Alesia
15. Tullianum
16. Uxellodunon
17. Epilogue
Parlando di folk metal, cercando di mantenere il tutto su una linea generale, senza ulteriori suddivisioni del genere, non possiamo non renderci conto di quanto, al giorno d’oggi, lo stesso stia lentamente diventando un fenomeno multi sfaccettato, nel quale è certamente difficile orientarsi.
La gloria del viking degli anni novanta rimandava ad una concezione fondamentalmente diversa del folklore, o meglio, escludeva a priori il lato spettacolare della rievocazione di presunte radici “popolari” da conservare ed omaggiare; ma il discorso non può, da questo punto di vista, spostarsi sulla musica: paradossalmente, il viking, non può essere considerato come un insieme di codificazioni musicali (ed è questo, forse, l’unico caso nel metal), altrimenti sarebbe impossibile porre sullo stesso piano band quali Bathory e Amon Amarth, Windir e Einherjer.
Il viking, quindi, si nutriva (e si nutre tuttora) di folklore di provenienza orale/verbale, che conseguentemente permeava dai testi lasciando una certa libertà stilistica, escludendo talvolta l’apporto visuale nelle esibizioni (tra la “sobrietà” degli Enslaved e l’odierno teatrino, a tratti imbarazzante, dei Turisas c’è più di un abisso); nel versante opposto, il folk metal propriamente detto, ribalta la situazione: è proprio musicalmente che traspaiono i rimandi alla cultura popolare e tradizionale (anche se spessissimo non vi è coerenza tra la musica suonata e quella della cultura che si vuole evocare), lasciando relativamente ampio respiro al contenuto testuale (dal fantasy degli Elvenking alla mitologia mesopotamica dei Melechesh).
In tutto questo, una band come gli Eluveitie, riesce a giostrare bene il pesante fardello di “orgoglio nordico” e modernità stilistica, in moderata evoluzione da nove anni a questa parte: parlando della band svizzera non è appropriato utilizzare il termine viking, per un obbligato folk metal, certamente intriso di sentimenti di matrice germanica/sassone.
Helvetios è il sesto album in studio, uscito per la sempre più eclettica Nuclear Blast: godibile nel dipanare il filo di diciassette tracce (in ogni caso, numero decisamente eccessivo), coinvolgente nel proporre un’infinita collezione di melodie che vogliono dipingere l’eroismo guerriero così come la vita di mercato, la poesia dei bardi come i sentimenti più primitivi, impresa possibile grazie all’Ausilio di strumenti alieni al mondo del metal, sui quali è necessario soffermarsi un attimo: da traversieri in legno al whistle, da gaite e cornamuse al mandolino, per finire con la ghironda (meglio nota col termine anglosassone hurdy-gurdy), spesso suonata con la tecnica della “corda di trompette”, per aggiungere enfasi ritmica al tutto; la varietà timbrica è certamente uno dei punti di forza di questo album.
Tuttavia, per l’ascoltatore abituale di metal, sono altre le peculiarità musicali che salteranno all’orecchio: il sound degli Eluveitie, considerato ipoteticamente spoglio dagli strumenti popolari sopra citati, non è altro che una rielaborazione fedele e libera da influenze extra-europee del Gothenburg sound, che traspare proprio dal gusto melodico chiaramente svedese, che dagli At The Gates arriva fino ai Dark Tranquillity più diretti e primitivi.
Brani come “Havoc”, “Helvetios” o “The Uprising” rendono tutto questo chiaro e immediatamente percepibile: la costruzione dei riff è salda alla tradizione scandinava, così come l’utilizzo del growl rimanda ai già citati Dark Tranquillity; i copiosi inserti acustici (intendiamo, ovviamente, tutti gli strumenti già citati di estrazione popolare e quindi non elettrificati) arricchiscono queste strutture facilmente ripetibili nel contesto del melodic death metal, rendendo il sound degli Eluveitie unico, nella misura in cui vi è un perfetto equilibrio tra le due facce della medaglia.
Aggancio al panorama moderno del metal mainstream è la presenza della voce femminile (Anna Murphy, principalmente suonatrice di ghironda), che si produce in prove che sconfinano nel power degli ultimi Nightwish (prendetela con le pinze questa!) in brani come “Alesia” e “A Rose for Epona”, per evolvere in uno scream di qualità nella bella “The Siege”, tra i pezzi più efficaci dell’insieme.
Segnaliamo inoltre brani quali “Neverland” e “Santonian Shores”, la prima potenziale live hit, catchy quanto basta, ritmicamente ineccepibile e arricchita da quel tocco elettronico che tanto ha caratterizzato gli ultimi In Flames, la seconda pane per i denti (e per l’headbanging) dei die hard fans del genere, caratterizzata da un andamento quadrato e marziale.
In conclusione Helvetios è un buon album, equilibrato dal punto di vista stilistico e, tecnicamente parlando, sonoro; con diciassette brani è impossibile non incontrare la presenza di qualche filler, ma d’altra parte non mancano le cavalcate epiche contrapposte a momenti evocativi tanto bramati dai cultori del genere (ascoltare “Scorched Earth” per un ottimo esempio).
Timbricamente interessante, ricco di spunti lodevoli e dalla piacevole scorrevolezza, Helvetios, è l’album perfetto per un ascolto senza particolari pretese, lontano però dal cadere nell’abisso del pressapochismo.
7.5