(Unlight Order Productions, 2012)
1. Nito
Ekatomb è il nome del progetto solista drone / dark ambient di Nil (o Crisa), frontman dei cesenati Sedna, band black metal sperimentale che ha stupito molti addetti ai lavori nello scorso 2011 con l’EP O (che trovate recensito anche sulle nostre pagine).
E’ da un po’ di tempo che Nil produce musica sotto questo monicker (trovate su YouTube almeno un paio delle sue creazioni), ma è il qui trattato Nito il suo “esordio” ufficiale: una scelta sicuramente azzeccata, dato che i ventitré minuti di questo EP si rivelano essere i migliori della produzione targata Ekatomb, ed una buona base da cui partire, per la personalità evidente che traspare da una musica (o non – musica) solo apparentemente banale e ancorata ai cliché del “genere”.
E’ fin troppo facile infatti nominare Sunn O))), Lustmord o Bones Of Seabirds (e qualcosa degli Earth) per tentare di descrivere la musica contenuta nell’unico brano che compone Nito. La cosa che ci preme sottolineare parlando di questo lavoro è la capacità di Nil di trasmettere davvero qualcosa all’ascoltatore attento o quantomeno “in linea” con le probabili sensazioni alla base del “concept”, per quanto possa sembrare assurdo parlare in questi termini discorrendo di venti minuti di synth, chitarra, effetti, rumori, ambient.
Nito è un crescendo di angoscia, una sfiancante attesa di qualcosa che dovrebbe per forza accadere ma non accade mai. Ascoltandolo si resta sospesi per venti minuti in preda alle peggiori sensazioni provenienti dal proprio subconscio, turbati, e dopo essersi corrosi l’anima durante la prima metà del disco, si comincia a rivedere un barlume di luce in un lento, lentissimo crescendo “emotivo” (dominato da derive ai limiti del noise), per arrivare al paradossale climax finale in cui poche note intervengono a sbeffeggiare l’ascoltatore, mostrando che in fondo al tunnel dell’Io non c’è niente, se non, desolatamente, noi stessi.
Ai primi ascolti, si ha la sensazione che questi ultimi minuti in cui la chitarra appare più in evidenza avessero meritato di essere sviluppati maggiormente. Quando però si arriva alla comprensione (o ci si illude di esserci arrivati) del significato ultimo di Nito, si capisce che in realtà questo finale, apparentemente più emozionante, è in realtà quello che attendevamo ma che non dovevamo affatto attendere, per non vivere dominati da una sterile illusione.
E’ l’attesa di quello che in realtà non c’è il vero significato (o la vera illusione) di Nito, sono le emozioni dei primi venti minuti, e non il perfido “contentino” degli ultimi tre, a determinare la forza dell’idea di Ekatomb: non serve musica originale per emozionare, basta qualcosa di apparentemente noioso e banale per aprire in realtà porte nascoste in piena vista. Meglio questo, che cercare vie impossibili in fondo ad un cammino troppo impervio per essere affrontato.
7.0
P.S: ovviamente dare un voto ad un’opera come questa è inutile anche più di quanto non sia normalmente inutile racchiudere un disco in un numero. Si prenda il voto come una considerazione più che mai soggettiva, come soggettive e intime sono le riflessioni che compongono questa non – recensione.