(Heretic Visions Productions, 2012)
1. Incoming
2. No Place to Hide
3. Prototype
4. New World Order
5. To the Fallen
6. Discuss
7. Beef up your Skills
8. Don’t tread on me
9. Feel the Fire
10. Get on my Trip
Per pietà… basta! Non se ne può veramente più. Ormai arrivati a quello che i Maya definivano l’anno cruciale in ragione della tanto pubblicizzata fine del globo, ci si chiede veramente a cosa ancora servano produzioni di questo tipo. Ci troviamo nuovamente a parlare di sonorità che, per quanto nate da ceneri (c’è chi sostiene dagli scarti!) di altri generi molto anteriori, hanno monopolizzato la scena musicale “estrema” della prima decade del nuovo millennio, puntando astutamente su un genere che facesse presa quasi esclusivamente sui giovanissimi , sfruttando fattori decisamente esterni e, su tutti, su quello più pericoloso: la moda! A suffragare questa teoria basti pensare che certi punti merchandise, durante alcune tournée faraoniche, erano molto più frequentati del sottopalco durante le esibizioni dei rispettivi beniamini, tanto che spesso e volentieri il quesito sul trovarsi ad un concerto metal o alla standa nasceva veramente spontaneo.
Parliamo di Deathcore se non lo si fosse ancora capito, infarcito di tutti i sottogeneri che nel corso degli anni hanno definito tale proposta musicale. Gran parte della stampa specializzata etichetta questi Mortal Agony come appartenenti anche alla scena grindcore ma onestamente non riusciamo a capire dove e soprattutto in che modo si possano rintracciare tali influenze, tolto qualche rarissimo richiamo, soprattutto in chiave lirica, nelle primissime produzioni.
Il susseguirsi delle canzoni rappresenta un’autentica agonia mortale (sarà una coincidenza visto il nome del gruppo?), tanto che ultimare almeno un ascolto diventa un lavoro penoso ed un fatica titanica. Chitarre in drop che se non si danno alla pazza gioia del breackdown ultimano i loro riff (all’unisono) con i soliti fastidiosissimi “fischi”, suoni di M60 campionati, batterie pestatissime, growl monocordi, pig squeals che definire già sentiti sarebbe veramente eufemistico e gli immancabili cori che più che di scuola moshcore sembrano la brutta copia dell’ haka dance della nazionale di rugby neozelandese.
Le tematiche? Sempre le stesse, le stesse di altre band (vedi alla voce Whitechapel ), che abbandonate le “velleità” giovanili ed iperincazzate goregrind, puntano tutto su concettualizzazioni postatomiche e apocalittiche ispirate al filone cinematografico fantascientifico anni ’80\’90 che nel corso degli anni ha partorito veri e propri cult movie come Interceptor, Fuga da New York, Waterworld o il recente The Road.
Cosa aggiungere quindi se non il fatto che formazioni di questo tipo (o forse dovrei dire l’intero filone a cui appartengono), raschiate le ultime risicate risorse dal famoso barile ed estinta l’ultima goccia di latte dalla grande mammella, stiano esaurendo anche la loro dose di “proverbiale” furbizia.
Andate a vendere follie altrove, qui siamo già al completo!
3.5