(Metal Blade, 2012)
1. The Carbon Stampede
2. Dead Set On Suicide
3. A Living, Breathing Piece Of Defecating Meat
4. Forced Gender Reassignment
5. Gristle Licker
6. Projectile Ovulation
7. Lifestalker
8. Do Not Resuscitate
9. Your Disposal
10. The Monolith
11. Kingdom Of Tyrants
I californiani Cattle Decapitation non sono mai stati una band per molti: il loro personale death metal e le forti ideologie anti umane e animaliste presentate nei testi sono sempre state in conflitto imperterrito con ciò che si aspettava il metalhead medio; il misantropico messaggio portato avanti per tutti questi anni è crudo e sincero ed è rigurgitato ancora una volta su un bel piatto d’argento.
Da Karma Bloody Karma ad oggi, il deathgrind quartet ha intrapreso una strada impervia che li ha condotti su lidi sempre più progressive e intimamente brutali. Una deviazione radicale se pensiamo agli esordi, quando rispettivamente alla chitarra e alla batteria c’erano Gabe Serbian e Dave Astor dei The Locust. Ciò che i Cattle Decapitation proponevano nel 1996 (anno di formazione) era del goregrind marcio, maniacale e senza alcun tipo di compromesso; è sufficiente ascoltare gli EPs Human Jerky e Homovere per capire di cosa sto parlando. Quei tempi e quelle sonorità ormai sono solo un ricordo, ciò che rimane negli anni è coerenza e attitudine invidiabile.
Se con il precedente The Harvest Floor i nostri avevano incuriosito molti nuovi fan, Monolith of Inhumanity catturerà nella propria gabbia molti altri esseri umani da torturare a dovere. Neanche i fan di Humanure e To Serve Man verranno risparmiati: questo album è nettamente superiore e divora tutti i suoi predecessori rielaborandone la formula con impeccabile professionalità e inventiva. Si può tranquillamente preannunciare che questo è il migliore lavoro presentato dai nostri e indubbiamente si candida tra le migliori releases death metal di questo apocalittico 2012.
“The Carbon Stampede” dà inizio al macello e con i suoi tre minuti e mezzo toglie il fiato ed annichilisce senza perdere tempo con inutili cerimonie. In questo brano d’apertura troviamo inoltre dei coristi molto speciali: Jawsh Mullen e Zac Joe dei Cephalic Carnage. Gli interludi e gli intermezzi del disco sono invece curati dal “most extreme decimator of sound from Los Angeles”, John Wiese.
L’impeccabile precisione e potenza di David McGraw diventa prepotente in “Dead Set On Suicide” dove il ragazzo sembra volere smembrare le pelli della sua batteria, così come un cannibale vorrebbe smembrare pelle umana. La struttura e la composizione di questo pezzo mettono subito in evidenza le strabilianti doti dei quattro musicisti; ottima la prova del bassista turnista Derek Engemann, e che dire dei tecnicismi chitarristi di Josh Elmore? Mai fuori luogo e davvero convincenti, risultano essere un bello schiaffo in faccia ai vari guitar hero e prog addicted di cui il globo è sempre più’ tristemente popolato. Il buon Josh non sembra avere alcun bisogno di una chitarra ritmica che appoggi i suoi solos e tanto meno ne hanno bisogno i suoi schizofrenici riff a tratti mathcore oriented, davvero ottima la sua prova.
“A Living, Breathing Piece of Defecating Meat” è già il nuovo inno di battaglia dei quattro ragazzoni di San Diego: convincente e coinvolgente anche in sede live, è qui rafforzata dalla voce del simpaticissimo Lenzig Leal dei Cephalic Carnage. La parte centrale del pattern è forse la più violenta e arrogante: “Gristle Licker”, “Forced Gender Reasignment” e “Do Not Resuscitate” sono pezzi di grande impatto e violenza che faranno sicuramente gioire tutti i fan di Misery Index e Dying Fetus. L’apice della brutalità arriva però con “Projectile Ovulation”, in cui troviamo un fenomenale cameo vocale di Mike Majewski dei grandiosi Devourment.
Travis Ryan (la vera anima del progetto) è più’ in forma che mai e si candida nuovamente tra i più’ schizofrenici sick frontman dell’attuale scena death metal mondiale, d’altronde era già stato definito così pure in una vecchia intervista da certo Ross Sewage degli illustri Impaled: il suo growl è tra i più marci e terrificanti che il globo abbia mai udito. Per la gioia del sottoscritto pezzi come “Lifestalker” e “Your Disposal” ricordano l’epicità dei migliori vocalizzi di Dave Hunt (Anaal Nathrakh / Benediction). Una prestazione vocale sbalorditiva e assolutamente insostituibile; chi ha recentemente visto e sentito Travis cantare, può confermare quanto sia psicotica e brutale la sua esibizione.
Inaspettatamente, “The Monolith” catapulta l’ascoltatore in derive atmosferiche ed ipnotiche, scenari apocalittici che i Cattle Decapitation tenevano nascosti da tempo e che ora ci sputano addosso con crudeltà; la voce di Travis è un disperato addio di chi sta marciando verso un mattatoio, oramai non rimane nessuna speranza e viene preannunciata una fine dolorosa. “Kingdom of Tyrants” è per l’appunto l’epilogo perfetto e delizia i palati più fini con vocalizzi sempre più sorprendentemente eclettici ed emotivamente struggenti. E’ raro trovare musicisti del genere ed altrettanto raro è trovare nel 2012 un album di così rara bellezza in questo genere, per cui fate uno sforzo e applicatevi: ascoltate chi ha realmente qualcosa da dire e non ha mai avuto bisogno di seguire nessun tipo di trend per farlo.
Come ampiamente espresso nel cover artwork, Travis Ryan e soci ci mostrano, attraverso la loro musica e il loro messaggio, come l’essere umano dopo migliaia di anni giunga al termine della sua finora apparente evoluzione, regredendo allo status iniziale, strisciando tra montagne di immondizia e oggetti inutili, e, disgustato persino da sé stesso, perde anche le ultime briciole di umanità.
8.5