(Autoproduzione,2011)
1. Family Ties
2. Revenge
3. Perverted Church
4. The Dying Breed
5. Reborn In The Sick
6. Public Enemies
7. Unite (Throwdown)
8. New World Disaster
9. Combat Shock
10. 28 Weeks Later (Outro)
The Dying Breed è il primo full lenght dei A Buried Existence: attivi dal 2008, si presentano come una delle band più interessanti del panorama metal calabrese, forti dell’unione tra componenti di band underground storiche come Glacial Fear, Zora, Land Of Hate eSchizo.
Le tematiche affrontate nei testi, forti e implicate socialmente, unite ad un estremismo sonoro molto poco convenzionale rendono la loro proposta di impatto ma allo stesso tempo poco scontata, con influenze dalla natura più varia.
Si passa velocemente dai cenni (post) hardcore di “Revenge” e “Public Enemies” al midtempo della titletrack “The Dying Breed” fino ad escursioni prettamente metalcore come nel caso di “New World Desaster”, lasciando spazio anche a una cover dei Throwdown, “Unite”.
La produzione del disco risulta essere efficace in quanto in linea con il mood “incazzato” e diretto che i calabresi tengono a dare, il loro sound è farcito di influenze ma non vuole strizzare l’occhio a nessun passaggio catchy o mainstream; è chiaro che il loro obiettivo è quello di suonare forte e veloce nel modo più violento possibile, e questa è una sensazione che rimane alta durante tutto il disco.
Non aspettatevi limpidezza dei passaggi, o suoni supersonici e di plastica come siamo fin troppo abituati ad ascoltare negli ultimi tempi, in questo The Dying Breed troverete un retrogusto death metal di metà anni 90 che porta gli A Buried Existence ad un altro livello.
E’ fin troppo chiaro come i calabresi non vogliano essere accorpati a nessuna corrente musicale, si potrebbero definire deathcore ma per quello che suonano, e per come lo suonano, sarebbe fin troppo riduttivo.
Mi sento di promuovere alla grande questo cd, per due semplici motivi: il primo, e più importante, è che in una scena metal hardcoredove le band pensano e scrivono i propri pezzi in base al favore del pubblico, i nostri non lo fanno.
Suonano quello che gli pare nella maniera che gli pare, e questa sincerità di fondo non può che essere premiata.
Il secondo motivo è che suonare così controtendenza provenendo dal sud, dove questo genere è sempre molto difficile da portare avanti, è prova di grande maturità.
Voto 7,5