(Agonia Records, 2013)
1. Irreversible Crisis;
2. Across the Universe;
3. Dirty;
4. Bleedthrough;
5. Raped by Daddy;
6. I don’t Know;
7. The Factory of Death;
8. Helter Skelter Youth;
9. Face the Reptile;
10. The Day the Sun Stop Shining
Nel bene e nel male, ormai da vent’anni, gli Aborym fanno parte del panorama musicale italiano, proponendo un’originale miscela di black metal, industrial e altri elementi legati all’elettronica che spesso hanno fatto (e continueranno a far) storcere il naso ai seguaci più puristi del genere. Nonostante la perdita nel tempo di componenti fondamentali (Nysrok, Set Teitan, Yorga e soprattutto Attila Csihar) che hanno portato il solo Fabban a condurne il vessillo, gli Aborym continuano a percorrere la propria strada con l’aiuto di Hell:IO:Kabbalus e del redivivo Bård Faust: With No Human Intervention ha segnato il punto di svolta sia a livello di line-up che di stile musicale.
Da quel punto in poi e con la nuova formazione il gruppo ha virato con Generator e Psychogrotesque verso soluzioni più sinfoniche e convenzionali senza esimersi dallo scadere in pacchianerie varie, soprattutto per quanto riguarda quest’ultimo; Dirty, che guarda caso presentava nel trailer solo il riff più black del singolo, segue in parte quella scelta, tentando però di recuperare e di dare nuova linfa vitale agli inserti electro che da sempre caratterizzano gli Aborym. Purtroppo il risultato è ben lontano dalla industrializzazione di With No Human Intervention o di Fire Walk With Us: “Irreversible Crisis” di irreversibile mostra solo la stanchezza di un songwriting che si riduce ad aggrapparsi ad un ritornello terribile, “I Don’t Know” si fregia di un cantato in pulito decisamente fuori luogo, mentre “Bleedthrough”, “Face The Reptile” o “Raped By Daddy” sembrano uscite più da dei b-sides degli ultimi Dimmu Borgir o dei Covenant che da un gruppo proto-black metal. Incommentabile è la cover di “Hallowed Be Thy Name”, a tal punto da precluderci il tentativo di ascolto delle altre cover e riproposizioni di vecchi brani presenti nel bonus cd. Contro ogni pronostico personale la titletrack è forse il brano meglio riuscito, “Across the Universe” e “Helter Skelter Youth” mostrano altri buoni spunti, ma sono ben lontane da una qualsiasi parvenza di metal. Forse è questo il punto centrale: non considerare Dirty un disco metal, ma è innegabile che più di qualcosa del genere ci sia al suo interno. A questo punto bisogna prendere il disco senza farsi troppi pensieri: ciò che vi è di metal è abbastanza inconcludente e riciclato, invece quei due/tre brani più tamarri ed EBM non sono male.
Dopo la disastrosa avventura con i Malfeitor, la vena creativa degli Aborym (nel particolare di Fabban, a questo punto) sembra essersi decisamente affievolita. Non ci sono dubbi sul fatto che Dirty piacerà a un sacco di gente, ma piuttosto io metto su un disco degli …And Oceans o mi riascolto i Progenie Terrestre Pura, che sanno usare elettronica e black metal in maniera decisamente più originale, coinvolgente e personale.
5.0